RECENSIONI
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rate anche nell’
Introduzione
dello stesso Tessitore alla recente edizione di
Te-
oria e storia della storiografia
, gli scritti di Croce dedicati al grande storico ir-
pino mostrano come la parabola del pensiero del filosofo sia contrassegnata,
in chiave anticontemplativa, dalla rivendicazione del «valore dell’individua-
lità» (p.
XVI
), che consente di considerare De Sanctis un «filosofo realista».
Da questo punto di vista, è stato proprio il grande storico della letteratura ita-
liana a permettere a Croce «di avvertire la più rigorosa istanza storicistica
consacrata dalla rivoluzione gnoseologica della filosofia contemporanea in
quanto logica del concreto e del particolare, filosofia del concetto non in
quanto categoria oggettiva del riconoscimento del reale ma funzionale legge
interessata a conoscere la individua realtà della vita» (pp.
XXXVII
-
XXXVIII
).
L’interpretazione crociana di De Sanctis consente, dunque, a Tessitore di ag-
giungere un nuovo elemento alla sua lettura del pensiero del Maestro napole-
tano, il quale ha avviato una compiuta lettura dello storico irpino a partire dal
suo primo ‘volumetto’ desanctisiano, edito con il titolo
La critica letteraria.
Questioni teoriche
nel 1896, ma redatto sul finire del 1894. Proprio in questo
importante saggio è imbastita anche una nuova, polemica, presa di posizione
nei confronti del positivismo. Infatti, riflettendo in particolare intorno alle
questioni dei generi letterari e della storia letteraria e interessandosi del pro-
blema della natura e dell’oggetto della storia, cioè se la storia debba essere
considerata una storia o una scienza, Croce riprende a polemizzare ancora
una volta con Pasquale Villari, il quale, com’è noto, nel 1891 aveva pubblicato
il saggio
La storia è una scienza?
, al quale Croce aveva fatto seguire, nel 1893,
la memoria
La storia ridotta sotto il concetto generale dell’arte
. Qualche anno
prima però, in occasione delle celebrazioni per la morte del grande maestro
storico della letteratura italiana, Villari aveva dato alle stampe un saggio inti-
tolato
Francesco De Sanctis e la critica in Italia
(1884). In quel lavoro, oltre a
mettere in luce alcuni aspetti interessanti come, per esempio, la necessità di
una «letteratura nazionale» e di un’estetica per giudicare il valore di un’opera
(un’estetica che nel De Sanctis era di matrice hegeliana, e nella quale, secondo
Villari, «il merito vero del De Sanctis non sta neppure nel dare questi precet-
ti, ma nell’avere il genio critico necessario a metterli in pratica», vale a dire la
capacità, contemplando un’opera d’arte, di scorgerne il «valore reale» attra-
verso non solo l’unità dell’opera stessa, ma «discorrendo di un episodio, di un
personaggio, di un sonetto»: p. 187), si insisteva sul fatto che, con De Sanctis,
lo studio della letteratura era diventato «uno studio dell’uomo e del pensiero,
una rivelazione di noi a noi stessi, una liberazione del nostro spirito». Tutta-
via, proprio questo interesse verso la «creazione individuale dell’artista» finiva
con l’escludere dall’orizzonte problematico un aspetto rilevante, che era posto
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