RECENSIONI
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al centro dalla «nuova critica», interessata in primo luogo al «lavoro popolare»,
alla «creazione impersonale dello spirito nazionale» che pure è dietro ogni opera:
«la creazione d’un essere collettivo, che si chiama popolo» (p. 207). De Sanctis,
dunque, col suo «metodo personale, divinatorio», non era riuscito ad attingere
ad un tale livello e si era limitato a un atteggiamento contemplativo ponendosi
in contrapposizione al metodo positivista, alla nuova critica fondata sul metodo
storico che «decompone ogni novella nei suoi elementi, e ne rintraccia le origini
storiche in tutte le precedenti letterature» (pp. 212-213). Eppure, secondo Vil-
lari, seppure incompleto e insufficiente il metodo e la critica desanctisiana erano
di gran valore, giacché senza di esso la critica scientifica non si sarebbe potuta
affermare: «era necessaria proclamar prima la indipendenza dell’arte, trovare
nel lavoro personale del genio, la storia e le leggi dello spirito umano, per poter
poi cercare, con metodo sicuro, queste medesime leggi nel lavoro impersonale
del popolo, come era già seguito anche in Germania, dove la nuova critica
ebbe la sua prima origine» (pp. 219-220).
Nel già richiamato volumetto crociano
La critica letteraria
si accenna a
queste tesi nei capitoli III e IV, in particolare per ciò che concerne le relazioni
tra la «storia» dell’opera letteraria e la sua «valutazione», vale a dire la que-
stione: «la considerazione storica concorre a determinare il giudizio estetico
sull’opera d’arte, e in che misura? E viceversa: il giudizio estetico concorre a
formare la storia dell’opera d’arte, e in che misura» (vol. II, p. 44). Qui, a par-
tire dalla critica mossa a Settembrini, sul quale si era soffermato anche Villari
nel suo saggio, Croce sostiene che l’opera letteraria può essere valutata non
facendo riferimento alle cause che l’hanno prodotta ma «alle
esigenze del-
l’arte
, ossia agli
ideali estetici
individuali. Tutto si spiega: ma non tutto è bel-
lo» (p. 44), e ricorda come Villari, discorrendo della prima scuola desancti-
siana, abbia raccontato che, partendo da una vicinanza di quella scuola ai me-
todi e alle teorie degli Schlegel, essa fosse poi giunta alle teorie estetiche di
Hegel, e avesse messo in luce la necessità di una valutazione storica per dare
un giudizio concreto. Tuttavia, e qui la critica crociana sembra rivolta proprio
a Villari, una tale giusta esigenza ha condotto all’errore «di considerare la va-
lutazione estetica come assorbita dalla spiegazione storica» (p. 46), di modo
che la lotta tra l’idealismo (Fichte e Hegel) e il realismo (Herbart e Hum-
boldt) combattuta nel XIX secolo, si era espressa secondo due questioni cen-
trali: la tesi idealista, che voleva la storia seguisse un «ritmo ideale», e la tesi
realista, secondo la quale essa è «un processo puramente dinamico». Villari,
infatti, veniva accusato da un lato, di aver del tutto trascurato questo dibattito
– in Italia ricostruito molto più dettagliatamente negli scritti di Raffaele Ma-
riano, vale a dire di coloro che si sono battuti contro «le arroganti pretensioni
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