RECENSIONI
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Il contributo del linguaggio poetico di Dante è a sua volta decisivo, come
nota Sara Fortuna in
Aspectualidad y lenguaje en la filosofía de Vico
(pp. 23-
46), per l’elaborazione vichiana della nozione di «aspetto», che compare fin
dal 1730 ad apertura della
Scienza nuova
, per descrivere quei caratteri che Vi-
co spiega commentando la «Dipintura». Ma «aspetto» viene ancora ad essere
per Vico la definizione dei princìpi della nuova scienza, oltre che la valenza
simbolica delle immagini; si può dire perciò che gli elementi propri dell’im-
magine collegati al termine ‘aspetto’, «hacen referencia tanto a la apertura de
un horizonte de sentido exibido desde la interacción entre las dos figuras-
esquemas, Providencia y Metafísica, como a la capacidad de ésta última para
asumir la perspectiva justa, los puntos de vista adecuados para comprender el
mundo humano» (p. 29). Infatti, Provvidenza e Metafisica cooperano nell’in-
durre i primi uomini a dare un significato divino ai fenomeni naturali e a vei-
colare questo vissuto nelle future società umane. A partire da questo, osserva
Fortuna, la nascita delle leggi testimonia «del común origen que ligaría ‘ius’
(‘derecho’) e ‘Ious’ (‘Jupiter’)» (p. 31); e tale molteplicità di aspetti, ricondotti
ad un nucleo etimologico di senso comune, consente di bypassare, in un certo
senso, la frattura vichiana tra storia ebraica e storia gentile. Alla base dell’analisi
vichiana vi è, naturalmente, il rapporto tra filosofia e filologia; e la stessa unità
genetica delle tre lingue indicate da Vico (come pure l’associazione del concetto
di ‘aspetto’ a quello di ‘ipotiposi’) è garantita da un equilibrio che non faccia
prevalere le capacità razionali della mente. Nel suo complesso, dunque, la mol-
teplicità delle accezioni del termine «refleja la necesidad de juntar más elemen-
tos para elaborar un modelo integrado capaz de describir en forma adecuada
el lenguaje umano» (p. 41).
Il contributo di Francesco La Nave, su
Hebreos, egipcios y el origen de la
Filosofía: Vico y la historiografía protestante
(pp. 47-56) riassume il dibattito
storiografico europeo tra il Cinquecento e il Settecento sulla supremazia del
sapere egizio. La tesi che l’origine della filosofia potesse risalire al popolo egi-
zio ebbe una certa risonanza nel corso del Cinquecento (ma la storiografia
protestante già con Lutero aveva messo in dubbio la superiorità egizia), men-
tre dalla metà del secolo successivo, anche alla luce del discredito riversato
sull’
Etica
di Spinoza (pubblicata nel 1677), quello egizio viene progressiva-
mente considerato un falso sapere, mentre viene considerato ‘vero’ quello tra-
smesso dai patriarchi di Israele, dei quali peraltro gli egizi, come pure i greci,
erano tributari.
Vico respinge energicamente tanto la tesi secondo cui la sapienza egizia
conteneva implicitamente le dottrine della religione cristiana, quanto quella
per cui la figura di Ermete Trismegisto era intrisa di elementi platonici del
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