AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
202
3.
A
RMSTRONG
Christopher D.,
Myth
and the New Science: Vico, Tiepolo, and the
Language of the Optimates
, in «Art Bulle-
tin» LXXXVII (2005) 4, pp. 643-663.
L’A., analizzando alcune opere pre-
senti nel palazzo della famiglia Sandi a Ve-
nezia, tra cui il grande affresco di Giam-
battista Tiepolo, chiamato convenzional-
mente
Elogio dell’Eloquenza
, e completato
alla metà degli anni ’20 del Settecento, ha
individuato una serie di rimandi con al-
cuni temi trattati da Vico nel
Diritto uni-
versale
e che, secondo lo studioso, avreb-
bero influenzato il committente Tomma-
so Sandi e in qualche modo suo figlio,
Vettor che diverrà in seguito uno dei
maggiori storiografi di Venezia. Se è da
una parte acclarata la notorietà di Vico
nel periodo di cui si tratta, per le note vi-
cende riguardanti la pubblicazione della
Vita
e la non-pubblicazione della
Scienza
nuova
nella città lagunare, sembra più
complesso, per quanto suggestivo, soste-
nere l’influenza su Tiepolo di sollecita-
zioni filosofiche vichiane, oltre a quelle
che invece erano costanti nell’iconografia
dell’epoca, e di cui l’artista ha tenuto si-
curamente conto.
[A. S.]
4.
A
RREGUI
Jorge V.,
¿Fue Wittgen-
stein pragmatista? Algunas observaciones
desde Vico
, in «AdVersus», Revista de
Semiótica III (2006) 6-7.
L’A. muove da una tesi formulata da
Wittgenstein nelle
Ricerche filosofiche
,
secondo cui è il nostro agire pratico nel
mondo a dare senso al nostro linguaggio.
Tale assunto – non scevro di movenze
lebensphilosophisch
diltheyane, che l’A.
opportunamente segnala – non soltanto
riconosce alla ragione pratica e alla vita il
primato su quella teoretica e sul sapere,
ma, riconducendo il significato delle pa-
role alla nostra azione come sua fonte,
compromette gravemente l’approccio
epistemologico cartesiano, che guarda al-
l’uomo come allo spettatore teoretico del
mondo, e nel contempo apre alla consi-
derazione – anche antropologica – della
molteplicità dei contesti ‘narrativi’ entro
cui si origina il conferimento di senso, e
dunque della polivocità e pluralità dei
linguaggi.
Il confronto con Vico a questo punto
è un passaggio obbligato, dal momento
che per il pensatore napoletano la verità
trova il suo punto d’origine non nel-
l’esercizio della riflessione filosofica,
quanto nella configurazione del mondo
da parte della
poiesis
fantastica: unica
modalità di cui l’uomo, nelle età ance-
strali della propria storia, poteva dispor-
re per ordinare l’esistente e farlo suo in
un regime simbolico condiviso da una
comunità. Sicché si può certo affermare:
in principio era il
lógos
; a patto però di
enucleare dal ricco crogiuolo semantico
di questo termine le sfumature che si ri-
chiamano alla ‘narrazione’, al ‘mito’, al-
l’attività creatrice dell’immaginazione, ri-
spetto a cui la costruzione razionale e cri-
tica è sempre seconda, e di rinunciare ad
un concetto di verità che, prono alla «bo-
ria dei dotti», inverte arbitrariamente le
fasi di svolgimento storico della mente
umana e mortifica l’invenzione del vero
con l’adeguazione al mondo.
Se, conclude l’A., la verità si dà ori-
ginariamente nell’interazione fra un Io
concreto e un mondo – indistinguibili e
non isolabili al di fuori del loro indisso-
lubile intreccio – entro un orizzonte di
senso fortemente sentito e solidamente
certificato, le cui figure insorgono per
effetto dell’agire intramondano proprio
di ogni singolo gruppo umano, allora
alle sorgenti del vero non può trovarsi
1...,192,193,194,195,196,197,198,199,200,201 203,204,205,206,207,208,209,210,211,212,...236