AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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tore così lontano nel tempo e nello spa-
zio: alla comune opposizione al metodo e
all’ontologia cartesiani si aggiunge il pro-
venire entrambi da una condizione socia-
le umile e aver operato in un regime di
assenza di libertà di espressione.
Il tema della critica a Descartes è ri-
preso, e in maniera più sistematica all’in-
terno di una riflessione sull’evoluzione del
pensiero occidentale a partire dalla Rivo-
luzione scientifica, nella fase successiva,
dominata dalla figura di Uemura, cui si
devono le traduzioni del
De ratione
(in
collaborazione con Chikara Sasaki) e del
De antiquissima
, e nella lunga postfazione
di Kôji Nishimoto ad una delle due ver-
sioni dell’
Autobiografia
apparse all’inizio
degli anni Novanta. In particolare Uemu-
ra, nello sviluppare lo studio del pensiero
di Vico in contrapposizione all’analisi e
alla critica cartesiane, lungi dal farne un
pensatore isolato lo inserisce profonda-
mente nel contesto culturale dell’epoca.
«Il Vico di Uemura» – osserva l’A. – «ri-
spetto a quello di Shimizu, è molto più
legato alla storia e al metodo scientifico.
La sua critica a Descartes è interna alla
riflessione stessa sulle scienze esatte. Non
vuole negare validità alla matematizzazio-
ne della natura, ma mostrarne i limiti; la
fallacia e la finitezza proprie dell’intelletto
umano. Non mira a disfarsi dell’analisi al-
gebrica
tout court
, ma ripropone il valore
educativo ed euristico della geometria
classica sintetica. È un tentativo di cor-
reggere sperimentalmente l’astrattezza e
fissità dei principi nel metodo cartesiano;
limitativo, ricco di incongruenze rispetto
a quello che poi sarebbe stata la direzio-
ne dell’impressionante progresso delle
scienze nei decenni seguenti, eppure ap-
prezzabile per estensione e portata» (pp.
588-589).
Un’osservazione dell’A. che merite-
rebbe di essere approfondita è quella rela-
tiva alla traduzione giapponese di ‘sapien-
tia’ e ‘scientia’ e alla contrapposizione sug-
gerita da Uemura fra i due termini. Più in
generale, se l’individuazione in Vico di un
filosofo occidentale da contrapporre alla
tradizione razionalistica cartesiana può
spiegare il fenomeno, a prima vista sor-
prendente, degli studi vichiani in Giappo-
ne, un secondo aspetto di interesse che
essi mostrano è dato dalla possibilità, ac-
cennata in conclusione dell’articolo, che
dall’Oriente Vico possa tornare a noi «tra-
sfigurato e arricchito» (p. 588), ossia che
una lettura compiuta a partire da presup-
posti culturali lontani dai nostri possa evi-
denziare spunti di riflessione inediti.
[D. A.]
11. C
IVATI
Giuseppe,
Ernesto Grassi:
per un’interpretazione dell’Umanesimo
italiano
, in «Rinascimento» XLIII (2003),
pp. 601-618.
Tra i più illustri interpreti vichiani del
secolo XX è da annoverare sicuramente
Ernesto Grassi. Il saggio di Civati intende
offrire un’attenta analisi dell’interpreta-
zione grassiana dell’Umanesimo nella sua
genesi e nel suo sviluppo. Grassi è stato
felicemente denominato un «Grenzgän-
ger», un «filosofo di frontiera» che si muo-
ve sulla linea di confine tra la cultura ita-
liana e quella tedesca. Il presente saggio
mostra come nello sviluppo intellettuale di
Grassi l’interpretazione dell’Umanesimo si
formi proprio dal confronto tra filosofia
italiana e filosofia tedesca. Da una parte,
Grassi prende le mosse dalla discussione
dell’impostazione storica della scuola idea-
listica italiana (Gentile, Spaventa etc.), dal-
la quale mantiene comunque una distanza
critica contestando che il Rinascimento
abbia il carattere di mero presentimento
rispetto alla filosofia moderna e superando
in questo modo il concetto di precorri-
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