AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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back into a primitive state that, according
to Vico, is worse than the original ‘barba-
rism of sense’ because it deceives itself
with empty significations» (p. 782). In
questo senso, conclude l’A., in virtù dei
suoi fondamenti vichiani, Joyce propone
un modello del rapporto fra il pensiero
primitivo (e femminile) e quello razionale
più dialettico rispetto all’alterità assoluta e
all’esclusione reciproca riscontrabile in
opere come
The Heart of Darkness.
[D. A.]
24.
I
PPOLITO
Dario,
Gian Vincenzo
Gravina e il ‘paradigma romanistico’ dello
Stato
sub lege
. A proposito di un libro re-
cente
, in «Storiografia» X-XI (2006-
2007), pp. 21-28.
L’A. in questo articolo discute a propo-
sito della recente pubblicazione del libro di
Fabrizio Lomonaco su
Filosofia, diritto e
storia in Gianvincenzo Gravina
(Roma, E-
dizioni di Storia e Letteratura, 2006).
Ippolito introduce le proprie riflessioni
con una lunga citazione dal trattato su
Gli
scrittori politici italiani
(1804) di Vincenzo
Cuoco, dove emerge bene l’apporto che
l’autore delle
Origines
ha fornito alla visio-
ne del fenomeno giuridico inquadrato en-
tro un’ampia prospettiva politica e sociale.
In queste considerazioni Cuoco esalta il va-
lore politico dell’opera di Gravina, acco-
stando il pensiero del filosofo calabrese a
quello di Locke, Montesquieu e Rousseau.
Anche Pagano – nota ancora l’A. –
nel testo che accompagna il
Progetto di
costituzione della Repubblica napoletana
(1820) avvicina Gravina a Montesquieu e
Rousseau per quanto concerne la «mo-
derna concezione di Stato e dei rapporti
di obbligazione reciproca tra autorità po-
litica e cittadini» (p. 23). In Pagano, dun-
que, «il nome di Gravina è speso […]
nell’ardua opera di ‘nazionalizzazione’
della rivoluzione, catapultato nell’oriz-
zonte filosofico dell’Illuminismo europeo
quale protagonista di quel rinascimento
intellettuale in cui affondavano le radici
ideologiche del risorgimento politico in
atto» (p. 24).
Sebbene dalla lettura delle pagine di
Cuoco e di Pagano emerga questa forte
consonanza di temi e idealità tra il pensie-
ro politico di Gravina ed il costituzionali-
smo dei lumi, Ippolito ritiene che tali con-
siderazioni siano riduttive in quanto e-
scludono ogni forma di confronto critico
atto a valutarne pure le distanze e le di-
vergenze. L’A., pertanto, ricorda, a tale
proposito, la succitata monografia di Lo-
monaco, dalla quale emerge invece molto
bene come la teoria graviniana del diritto
e dello Stato affondi le proprie radici en-
tro gli insegnamenti dell’umanesimo giu-
ridico. Nel suo libro, Lomonaco mette
chiaramente in evidenza come l’esempla-
rità e l’universalità del diritto romano de-
rivi secondo Gravina dalla sua intrinseca
razionalità, ragion per cui l’espansione
imperiale di Roma è giudicata e giustifica-
ta come il trionfo della civiltà e la realizza-
zione di un ordine di giustizia. Pertanto,
entro il panorama complesso del moderno
giusnaturalismo, Gravina si inserisce nella
schiera di quanti denunciano il carattere
illegittimo dello Stato assoluto, teorizzan-
do la limitazione giuridica del potere.
Gravina, insomma, è favorevole alla sepa-
razione della
iurisdictio
dall’
imperium
, il
che implica la rivendicazione di potere
politico a favore del ceto dei giuristi.
Nel concludere questa rassegna, Ip-
polito misura bene e registra ancora me-
glio le differenze tra il ‘paradigma roma-
nistico’ dello Stato
sub lege
teorizzato da
Gravina e il paradigma illuministico del-
lo Stato di diritto.
[A. Scogn.]
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