AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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L’imponente attività giornalistica di
Croce – oltre 500 interventi nel periodo
dal 1883 al 5 novembre 1952 – è al centro
di questo volume di Rossella Martina, che
mostra come le idee crociane sono pene-
trate nella società italiana anche attraverso
la stampa, fino a diventare familiari presso
il grande pubblico. Tra i molti motivi di
interesse suscitati dalla lettura di questo
volume bisogna almeno accennare a due
questioni: da un lato, l’apporto che il filo-
sofo napoletano ha dato al giornalismo
d’opinione – giacché egli è stato tra i primi
ad intuire l’importanza dei giornali per la
formazione di uno «spirito pubblico» fino
ad impadronirsi di sofisticati meccanismi
di comunicazione e di psicologia della co-
municazione (p. 6)
dall’altro l’unifica-
zione, che assai spesso si verifica in quegli
articoli, del filosofo con il politico, e l’indi-
cazione precisa del passaggio di Croce
nelle schiere degli oppositori del fascismo,
vale a dire la metà del luglio 1924. Ciò
sposta decisamente il baricentro del di-
scorso sulla ricostruzione del percorso
politico-filosofico crociano soprattutto per
il decennio 1915-1925, secondo Martina
«il periodo politico più tormentato della
vita di Croce e anche il più ‘occultato’, cioè
quello di cui Croce ha pochissimo parlato
in seguito, lasciandone molti aspetti in-
spiegati» (p. 2).
Per quanto riguarda il rapporto di
Croce con il giornalismo, se in una prima
fase i quotidiani erano serviti per dare
maggiore risalto al suo pensiero, dal 1915
in poi «il giornale diverrà il
medium
privi-
legiato per la comunicazione di messaggi
di natura politica» (p. 16). Nonostante il
giudizio negativo sui giornali e sui giorna-
listi, Croce, memore anche in questo della
lezione desanctisiana, comprende bene
l’importanza dell’impegno giornalistico e,
grazie anche al nuovo e originale stile per-
suasivo che riuscì a mettere a punto, di-
venne egli stesso un «maestro di giornali-
smo». Il successo di Croce fu favorito an-
che dall’immagine che di lui crearono i
giornali, e che egli stesso contribuiva a
dare e a diffondere attraverso i suoi inter-
venti. Ciò ha favorito la costruzione di una
vera e propria «mitologia» del personag-
gio, che passava attraverso una precisa
strategia, il cui centro è indicato nel pas-
saggio «dall’argomentazione attraverso
una ben precisa filosofia della scrittura e –
sempre grazie allo strumento affinatissimo
della scrittura (e ri-scrittura) – da ‘uno
strenuo atteggiamento autostoricistico’
che di fatto si esplicava soprattutto nella
puntigliosa raccolta e revisione dei testi:
un continuo, inesorabile lavoro di ‘aggiu-
stamenti’ di cui è impossibile rendere con-
to complessivamente. Raccolta e revisione:
se quest’ultima significa lavoro più o me-
no marcato sul testo, la raccolta di scritti
vari nelle antologie risultava utilissima an-
che per ‘disperdere’ gli scritti, ossia per
destoricizzarli, toglierli dal contesto in cui
erano nati, mischiarli non di rado crono-
logicamente e quindi
designificarli
» (pp.
28-29). Questa esigenza di curare la pro-
pria immagine, da cui nacque anche lo
scritto del 1915,
Contributo alla critica di
me stesso
, fu rafforzata anche dal clamore
che suscitarono le sue prese di posizione,
le quali, oltre ad orientare, indignare,
commuovere l’opinione pubblica, gli det-
tero anche ‘il polso del proprio potere’.
Per ciò che concerne l’altro motivo, la
Martina indica per il decennio 1915-1925
alcuni momenti cruciali della vita del filo-
sofo, in cui la sua capacità di orientamento
dell’opinione pubblica vacillò e venne
messa in crisi: i primi anni del fascismo, la
marcia su Roma, le settimane immediata-
mente successive al delitto Matteotti. È
questo il periodo in cui il filosofo fu «fian-
cheggiatore» del regime, ma sono anche
gli anni che egli stesso successivamente ha
cercato di minimizzare con alcuni aggiu-
stamenti emblematici (in particolare nel-
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