GINO L. DI MITRI
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Ciocché farò a fior di penna, e con quello stesso ordine, con cui le ho
trovate, nelle ricerche e sperimenti che giusta l’equilibrio delle mie forze
fisiche, ed economiche, stando ne’ chiostri, ho potuto fare a solo riguardo di
giovare altrui, e d’esser nel tempo stesso utile a’ miei Simili.
Così introduceva Minasi l’elenco delle sue invenzioni e delle sue ap-
plicazioni metodicamente accompagnate da un campione esemplifi-
cativo contrassegnato da un numero.
La prima è una carta ricavata dalle fibre dell’
Aloe europaea
e utiliz-
zata sia per produrre supporti da stampa tipografica e da scrittura, sia
per foggiare fiori artificiali e altri decori muliebri, sia per essere spalmata
di cera e fungere da base per incisioni da stampa d’arte. Seguono poi il
succo d’aloe usato come insetticida cimifugo per i letti, dei polsini e
delle cuffie tessuti sempre in fibra d’aloe e dotati – a detta dello scien-
ziato – di una elasticità e un candore impareggiabili. Ancora, Minasi
parla di una tela inattaccabile dai tarli prodotta dalle fibre della stessa
aloe e di una carta ricavata dalla macerazione di comuni foglie d’albero.
È poi la volta di un’altra carta destinata a usi medico-chirurgici, ottenuta
dalle radici dell’aloe e proposta come cerotto anticoagulante per le
piaghe da cauterizzazione che devono essere tenute aperte e medicate
ogni giorno. Le stesse fibre da radici, tessute, danno dei contenitori
antitarlo in cui custodire i capi di vestiario. Minasi passa poi a descrivere
due tipi di carta ottenuta dalle alghe marine raccolte sugli arenili e
adatta a incartare generi alimentari come pesce, ortaggi e frutta: l’autore
rivela che questo prodotto è già molto diffuso nel regno tra i bottegai e
gli ambulanti per la sua grande economicità. In materia di ceramiche e
porcellane, Minasi scrive a Linneo di possedere il segreto per produrre
manufatti molto più lisci e brillanti attraverso l’aggiunta all’argilla e al
caolino di un non meglio precisato «Succo Gorgonio» contenuto nelle
stalattiti delle grotte presso Amalfi. Ci sono quindi dei riferimenti
zoologici che non possono che lasciare perplessi: incerto sulla specie e il
genere di un mostro marino spiaggiato sul lido di Scilla, Minasi acclude
nella lettera a Linneo le setole staccate dal corpo di questa misteriosa
creatura mai descritta se non dalla moglie di un pescatore.
E la perplessità ritorna allorché lo scienziato calabrese scrive:
Il Signor Bijörnståhl con l’ingenua sua lingua le potrà dire ch’io ho presso
di me una pianta di Corallo nero, chiamato già
antipathes
da Dioscoride, di-
versissima dalla nera marina Tovaglia; e che io da varie osservazioni, ed espe-
rienze fatte su tale pianta, ed anche su quelle altre de’ Coralli rossi, non credo
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