ROBERTOMAZZOLA
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dernamento dei vecchi ospedali o la creazione di nuove strutture di-
venta momento di confronto tra politici, economisti, uomini di fede e
di scienza portatori di interessi economico-politici, di valori etico-re-
ligiosi e di teorie medico-scientifiche talvolta in aperto conflitto tra lo-
ro. Scontro di interessi, valori e teorie i cui sviluppi storici hanno gio-
cato un ruolo rilevante nel configurarsi dei modelli assistenziali-sanita-
ri dell’Europa moderna. Con tempi e modi peculiari alle singole realtà
culturali e nazionali, i progetti di riforma della seconda metà del seco-
lo, anche i più estremistici di chi, ad esempio, sognando un mondo
senza ingiustizie e perciò senza malattie proponeva l’abolizione
tout
court
degli ospedali, imposero all’attenzione del legislatore e dell’opi-
nione pubblica i rischi per la salute correlati a fattori ambientale e so-
ciali. Le proposte avanzate dai medici illuministi che si interrogavano
sull’opportunità, non solo per i ricoverati, della permanenza degli
del potere politico in un settore in larga misura controllato dalla chiesa e sostenuto
dalla beneficenza dei privati. Com’è noto, la grande massa d’indigenti rendeva priori-
taria la pubblica carità per l’efficace prevenzione dei rischi sociali del pauperismo, co-
sicché i problemi della sanità pubblica restavano costantemente in secondo piano per
poi venire drammaticamente alla ribalta durante le grandi epidemie come quella del
1656 e ancora del 1764. Nel corso del Settecento, scemato il fervore caritatevole con-
troriformistico, l’attività assistenziale della chiesa e dei privati declinava senza per que-
sto essere sostituita da un organico progetto statale di lotta alla povertà né in campo
sanitario. Com’è stato più volte sottolineato, a Napoli, prima della costruzione dell’Al-
bergo dei Poveri non si ebbero sperimentazioni simili a quelle tentate in altre parti
d’Italia e soprattutto in Francia e Germania sul modello delle
workhauses
inglesi. Del
resto, come ha documentato l’attento studio di G. M
ORICOLA
,
L’industria della carità.
L’Albergo dei Poveri nell’economia e nella società napoletana tra ’700 e ’800
, Napoli,
1994, il ‘reclusorio’ napoletano, lungi dal mitigare la povertà strutturale del Regno,
ben presto si era trasformato in una vera e propria ‘fabbrica della carità’ al servizio de-
gli interessi economici e di potere che intorno ad esso ruotavano. A dispetto dell’entu-
siasmo dei contemporanei, l’istituzione voluta dal sovrano illuminato finiva per svolge-
re una funzione complementare, e non concorrenziale, ai consolidati assetti della bene-
ficenza privata. Non senza ragione ancora a lungo le descrizioni dei viaggiatori stranie-
ri continueranno a mettere in risalto l’enorme numero di mendicanti, poveri cronici e
‘lazzari’ soccorsi dalle numerosissime opere pie religiose o dalle potenti congregazioni
di laici a capo di vere e proprie aziende assistenziali, com’erano quelle dell’«Annun-
ziata» e degli «Incurabili». Inoltre, l’assenza durante la dominazione spagnola di qual-
cosa di anche lontanamente paragonabile, per funzioni e poteri, agli organismi gover-
nativi di controllo operanti in altri stati italiani, come la Toscana o il Veneto, aveva fa-
vorito il consolidarsi di un sistema assistenziale integrato nelle dinamiche economiche
della capitale e gestito dalle
élites
cittadine (sulle quali continuava ad aleggiare lo ‘spet-
tro’ di Masaniello) in funzione del mantenimento della pace sociale.
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