ANTONIO BORRELLI
76
Ricuperati i suoi sovrani benefici e clementissimi; conclusa e sostenuta la
pace cogli Ottomani; resa legge di Stato eterna e scritta in marmo l’abolizione
del Santuffizio; espulsa l’ipocrisia; ristorato il commercio; fondate università,
collegi, accademie; rifatte le pubbliche vie; riaperti gloriosamente i celebri
porti; tutto annunziare prosperità, la calma, l’opulenza, l’allegria. Sì. Abbiasi
il consuolo di dirlo: in molte parti è già non solo riacquistata, a sorpassata
l’antica nostra felicità; in altre o non cediamo più o siamo non lontani dal
ricuperarla
51
.
Una visione della storia di Napoli e del Mezzogiorno che, inaugurata
proprio dall’abate, avrebbe avuto larga fortuna in seguito
52
. Per Galiani
la monarchia feudale era stata un grande, immenso, irripetibile accumu-
lo di errori e nefandezze: nessuna delle sue tante realizzazioni poteva es-
sere salvata. La capitale del Regno, che aveva ricevuto doni straordinari
dalla natura (bellezza del sito, salubrità dell’aria, amenità del cielo, dol-
cezza delle stagioni, fecondità della terra), era stata «per due secoli […],
senza suo demerito, senza suo fallo, per sola concatenazione del fato
politico dell’Europa, costante bersaglio dell’avversa fortuna»
53
.
Sarcone smontava, con l’ausilio di argomentazioni storico-filologi-
che, «co’ fatti alla mano», com’egli diceva, le tesi di Galiani. Quest’ul-
timo, a suo giudizio, aveva alterato la storia di Napoli, fino a falsifi-
carla, e aveva sostituito «alla critica, e alla verità un linguaggio» non
degno della sua fama, del suo carattere e del suo sapere. L’autore del
Dialetto napoletano
veniva apostrofato, senza mezzi termini e senza
timore referenziale, come «un uomo» che ignorava la storia della città
e che amava «la calunnia, e la falsità»
54
. Uno degli esempi più evidenti
di falsificazione riguardava il giudizio profondamente negativo che
Galiani dava del Viceregno spagnolo, attaccando, per giunta, una delle
più celebri opere letterarie del Seicento europeo,
Lo cunto de li cunti
di Giambattista Basile, pubblicato la prima volta a Napoli, presso Ot-
tavio Beltrano, nel 1634. Basile aveva avuto il torto di impiegare nei
suoi racconti di fate e di orchi «la più incredibile e minuta contezza di
tutte le voci, de’ proverbi, de’ modi di dire e delle espressioni strane e
51
Ivi, p. 8.
52
Cfr. R. A
JELLO
,
I filosofi e la regina
, cit., p. 668; I
D
.
, Una società anomala. Il pro-
gramma e la sconfitta della nobiltà napoletana in due memoriali cinquecenteschi
, Napoli,
1996, p. 150.
53
F. G
ALIANI
,
Del dialetto napoletano
, cit., p. 6.
54
M. S
ARCONE
,
Lettera terza
, cit., p. 48.
1...,66,67,68,69,70,71,72,73,74,75 77,78,79,80,81,82,83,84,85,86,...236