ANTONIO BORRELLI
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nuova scienza, approdarono a lidi diversi: mentre «la ‘necessità’ della
verità scientifica portava Genovesi e la sua scuola al severo impegno ci-
vile e intellettuale, lo spettacolo della ‘casualità’ del mondo spingeva
Galiani verso il sorriso ironico, disimpegnato e irridente»
61
. Nella
Cen-
sura VIII
Sarcone respingeva la catastrofica interpretazione galianea
della storia del Mezzogiorno spagnolo, dall’idea che in quell’epoca il
Viceregno fosse stato sotto un «governo tirannico» alla violenta
stroncatura de
Lo cunto de li cunti
, ritenuta da Fausto Nicolini, in ma-
niera forse un po’ riduttiva, una congerie di «mere fantasticherie»
62
. La
parola ‘dispotismo’, senza gli aggettivi con cui era accompagnata nel
‘diritto politico’, vale a dire ‘legale’ o ‘arbitrario’, finiva per essere asso-
ciata inevitabilmente al concetto di tirannia. Il «dispotismo legale» era
cosa diversa dal «dispotismo arbitrario»: «Il primo – scriveva Sarcone
– è un costitutivo, e necessario attributo della Sovranità, è un utile e
proprio istromento di pubblica felicità: il secondo è base di pericolosa
tirannia». In ogni caso, qualunque aggettivo si fosse aggiunto a ‘dispo-
tismo’, l’analisi di Galiani risultava sbagliata. Era difficile pensare che
concedere il permesso di pubblicare un libro come quello di Basile
fosse stato un attentato alla libertà e, ancora meno, che con esso il go-
verno avesse addirittura inteso ferire «la vera Religione, i Ministri del
Santuario, i diritti di Sovranità, la fama, e l’onore de’ propj Concit-
tadini»
63
. Sarcone si chiedeva come fosse venuto in mente a Galiani di
fare una tale affermazione, soprattutto se si considerava che, un uomo
come lui, in possesso di «un certo numero di cognizioni nelle materie
scientifiche, e letterarie»
64
, avrebbe dovuto sapere che nel Viceregno,
dal 1502 al 1734, nessun governo aveva mai incarnato il «dispotismo
arbitrario», la cui unica legge era il «capriccio»
65
; e che, al contrario, in
quel lungo lasso di tempo il Viceregno era stato governato con le leggi
dei Normanni, degli Svevi, degli Angioini, degli Aragonesi, degli Au-
striaci, con il diritto romano e con i dispacci dei principi. Il «piccolo
abate», conosciuto in tutta Europa per la raffinatezza dei costumi e
l’arguzia intellettuale, arrivava perfino a scrivere che si doveva impe-
dire la pubblicazione de
Lo cunto de li cunti
, un testo, peraltro, mai ac-
61
A
MODIO
,
op. cit.
, pp. 54-55.
62
F. G
ALIANI
,
Del dialetto napoletano
, cit., p. 167 nota 1.
63
M. S
ARCONE
,
Lettera terza
, cit., p. 95.
64
Ivi, p. 97.
65
Ivi, p. 96.
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