GIUSEPPE CACCIATORE
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che a me sembra più rilevante è quello occupato dalla relazione tra
metafisica
e
storia
, intendendo con questi termini, da un lato, l’
ordine
delle idee
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che dalla
mente divina
si rifrangono sulla mente umana e,
dall’altro, la realtà empirica che si articola e si particolarizza nelle
differenze
spazio-temporali del mondo delle nazioni. Si profila in Vico
– è questa la mia tesi – una idea di filosofia che non rinuncia alla sua
originaria e sempre rinnovantesi sfida della ricerca della verità, la quale
però appare sempre volta alla ‘radice’ dei problemi che sono sempre
connaturati ai fatti. La filosofia è in grado di riportare il
certum
al
verum
solo nella misura in cui si temporalizza, si storicizza, si fa fatto
umano-sensibile essa stessa. Ma la mia tesi comporta un ulteriore pas-
saggio – che costituisce, come si vedrà, il fulcro delle mie argometazio-
ni – che è quello della funzione di mediazione e di sintesi che, nel si-
stema vichiano, svolge la
poesia
, intesa nel più ampio senso di immagi-
nazione e di attività creativa, ma anche ed essenzialmente come chiave
di volta in grado di mettere in relazione l’elemento diacronico della
storicità e quello sincronico dei principi. Questo passaggio è reso, pe-
rò, possibile attraverso un movimento ininterrotto dall’alto verso il
basso e viceversa, così che la capacità rappresentativa della mente si
volge alla materialità del sentire immaginativo, che a sua volta incorpo-
ra e trasmette alla mente l’articolato insieme dei fatti sensibili e storico-
culturali
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. È questo movimento che consente di ampliare l’ambito della
2
«L’ordine dell’idee dee procedere secondo l’ordine delle cose» (G. V
ICO
,
Scienza
nuova
1744 [d’ora in poi
Sn44
], in
Opere
, 2 voll. a cura di A. Battistini, Milano, 1990,
vol. I, Degnità LXIV, capov. 238, p. 519). E, più innanzi, nella Degnità LXV: «L’or-
dine delle cose umane procedette: che prima furono le selve, poi i tuguri, quindi i vil-
laggi, appresso le città, finalmente, l’accademie».
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Ho recentemente discusso, in un seminario tenuto a Napoli presso l’Istituto per
la storia del pensiero filosofico del CNR, il libro di J. T
RABANT
,
Cenni e voci. Saggi di se-
matologia vichiana
, tr. e red. di E. Proverbio, Napoli, 2007. Mi sembra di poter condi-
videre una interpretazione che non intende ricondurre Vico ad una inesistente filosofia
materiale della sensibilità, ma di segnalare, piuttosto, la formulazione di una idea – oserei
dire quasi pre-fenomenologica – che insiste «sulla spiritualità, sull’intelligenza del corpo
e difende con ciò la corporeità del pensiero, la corpulenza del cogitare. Vico difende il
corpo contro l’idealismo, il razionalismo, il purismo intellettualistico» (p. 163). E, tut-
tavia, dalla corporeità filosofica di Vico non si vuole certo passare ad una esaltazione
del materialismo dei corpi artificiosi creati e indotti dalla contemporanea società dei
consumi e delle immagini fittizie. È proprio Vico che può aiutarci – secondo la sug-
gestiva e interessante lettura di Trabant – a combattere questa nuova barbarie del
«corporismo assoluto», dei nuovi bestioni che sono più pericolosi di quelli vichiani,
giacché alla barbarie del senso si aggiunge quella della razionalità tecnologica delle