IL PRINCIPE DI SAN SEVERO
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coltivata dal di Sangro era una forma, neanche tanto spregevole o de-
genere, di iatro-chimica post-seicentesca.
Il che riporta il Nostro alla
radicali e
freethinkers
, il Principe fu anch’egli irregolare e controcorrente, spregiudica-
to e anticonformista, brunianamente anti-dogmatico. Raimondo era del resto figlio di
Antonio, duca di Torremaggiore e Grande di Spagna, libertino impenitente e intimo
dell’Imperatore alla corte di Vienna, negli anni di Eugenio di Savoia e della sua cerchia
aristocratica, la quale comprendeva tra gli altri Giannone e appunto Toland. Intrisi del
legato deistico furono i libri, di chiaro influsso libero-muratorio, che di Sangro, editore
oltre che scrittore, fece uscire dalla sua tipografia – insieme a trattati e a traduzioni da
nessun altro stampati nella nostra penisola – impiantata nei sotterranei del Palazzo do-
ve viveva a Napoli, in piazza San Domenico Maggiore. Quei libri, suoi e di altri autori,
incontrarono (e numerose volte) la censura dall’autorità cattolica oppure furono
pubblicati anonimamente. Di area massonica il Principe fece stampare
I viaggi di Ciro
,
da
Les voyages de Cirus
, dello scozzese Andrew Michael Ramsay (iscritto alla stessa
loggia di Montesquieu),
Il riccio rapito
del poeta inglese Alexander Pope – pure lui
massone, oltre che superbo classicista, conservatore raffinato e fervente ammiratore di
Newton – con cui invitava la nobiltà napoletana a lasciarsi prendere dal fervore dei
Lumi nord-europei; altra traduzione che uscì dalla stamperia del Principe fu quella del
celeberrimo
Conte di Gabalis, ovvero ragionamenti sulle Scienze Segrete
, dell’abate
francese Montfaucon de Villars, che, per il suo contenuto esoterico, portò al di Sangro
una nuova accusa di miscredenza, da parte dei gesuiti. Alla cultura dell’occulto rinvia-
va, peraltro, anche il contenuto della
Lettera apologetica
, dedicata al criterio di tradu-
zione dei «quipu», vale a dire le cordicelle colorate, annodate a differenti altezze, che
erano usate dalle popolazioni dell’America latina – gli Incas, stanziati nel Perù ‘risco-
perto’ dal Muratori – al fine di scambiarsi messaggi segreti. Dalla tipografia del di
Sangro videro la luce, infine, due opere da ricordare, un
Vocabolario dell’arte militare
di Terra
(la cui redazione si protrasse per più di otto anni, fermandosi alla lettera «O»)
e un
Manuale di esercizi militari per la fanteria
che ottenne il plauso del re di Prussia
Federico II detto il Grande, interessatissimo alla scienza delle fortificazioni e vero
punto di riferimento per i
milieux
della Massoneria continentale e dell’Illuminismo
germanico. In proposito, va rammentato che il Principe scrisse e pubblicò, altresì, una
dotta dissertazione sulla
Pratica piu agevole, e più utile di esercizj militari per l’in-
fanteria
, apparsa prima a Napoli per i tipi di Giovanni di Simone (1747) e poi a Roma,
presso gli eredi di Barbiellini e Pasquino (1760). Di Sangro non volle esimersi, anche
nel campo dell’editoria, dal compiere esperimenti tecnico-scientifici di una certa quali-
tà, tanto che narrò egli stesso di essere riuscito a stampare varie pagine a più colori, in
«una sola passata». Quanto al discorso sulla Massoneria e ai non sempre distesi legami
che il Principe ebbe con essa, il tema è strettamente collegato a quello riguardante la
Cappella gentilizia di Santa Maria della Pietà, la cui definitiva risistemazione – dopo
oltre un secolo di oblio, dato che i lavori di restauro erano stati sospesi nel 1642 – ten-
ne occupato di Sangro (anche onerosamente) a partire dal 1744. In quello stesso anno,
egli si iscrisse alla Libera Muratoria e divenne un «fratello massone». La sua loggia
assunse il nome
Rosa d’ordine Magno
, derivante dall’anagramma dello stesso nome del
Principe e dai richiami alla stirpe carolingia, di cui la sua famiglia da sempre vantava la
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