DAVIDE ARECCO
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storia della biologia. In effetti, se gli storici in generale si sono ormai
riappropriati del di Sangro, i cultori di storia del pensiero scientifico
parevano sino a solo pochi anni fa ancora un po’ titubanti nell’accet-
tarlo. Ricondurre il Principe di San Severo alla storia della scienza eu-
ropea e a quella del Settecento nello specifico: è questa la mia am-
bizione. Oltretutto, le relazioni di don Raimondo con molti spiriti ma-
gni del suo tempo sono ineludibili.
Per accettare la medicina dei
novatores
, il Principe dovette natu-
ralmente abbandonare quella dei
veteres
. Rigettò infatti, in fretta e
senza patemi, il galenismo e la storia naturale aristotelica che aveva ap-
preso presso la scuola gesuitica romana, ove si era fermato sino all’età
di vent’anni e ove aveva potuto comunque acquisire una preparazione
intellettuale di gran lunga superiore alla media dell’epoca. Cultura che,
accanto all’innata propensione per lo studio e la ricerca, ne fece un ge-
nio del XVIII secolo, non solo nel Regno di Napoli
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. Prima di venir
ascritto tra le fila dell’Accademia della Crusca – e da cruscante scriverà
la famosa
Lettera apologetica
, la sua confessione spirituale – di Sangro
appartenne alla Accademia dei Ravvivati (con lo pseudonimo di «Pre-
cipitoso», ad indicare credo la sua inesauribile curiosità). Nei laborato-
ri segreti della sua dimora e nello spazio privilegiato di quella società
sua discendenza. Nel breve volgere di pochi anni, di Sangro diventò «gran maestro»
dell’ordine. In quel periodo – sotto la spinta di re Carlo III, sovrano ‘illuminista’ – si
ebbero le grandi scoperte archeologiche a Ercolano, a Pompei e Paestum. Il Principe
le vide in chiave massonica, alla stregua di una riscoperta degli antichi valori morali ed
iniziatici propri dell’ideologia a cui la sua «Fratellanza» faceva riferimento. La reazio-
ne gesuitica non si fece attendere. Prima frate Guglielmo Pepe, poi il Santo Uffizio di
Roma e infine Benedetto XIV si scagliarono contro l’Istituto, alla fine sciolto. A Napo-
li, gli ultimi nemici del di Sangro e della sua Massoneria furono il Ministro della Real
Casa Bernardo Tanucci (il quale odiava ingiustamente il Principe, per le sue simpatie
filo-prussiane) e il giovane sovrano Ferdinando IV (ignorante e bigotto). Nel 1764,
l’anno della terribile carestia che decimò la popolazione del Regno, di Sangro conobbe
l’arresto e il carcere (proprio lui che, nelle vesti di colonnello del Reggimento di Capi-
tanata, si era distinto valorosamente, in difesa della sua patria, nella battaglia di Vel-
letri contro gli austriaci del 1744).
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Appassionato di araldica e geografia (disciplina che lo vide eccellere), il giovanis-
simo di Sangro studiò, oltre a greco, latino ed ebraico, anche retorica, filosofia natura-
le, logica, fisica, aritmetica e geometria. Portato per le lingue straniere, mantenne a
proprie spese un sacerdote che gli impartì lezioni di tedesco. Nemmeno l’ingegneria
militare e le costruzioni mancarono di stimolarlo. Nel 1730, compiuti cioè i vent’anni,
Raimondo rientrò a Napoli, la sede stanziale del suo casato, avendo acquisito l’anno
prima, morto il nonno paterno, il titolo di VII Principe di San Severo.
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