DAVIDE ARECCO
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di sua fabbricazione e, dato che l’unica pompa pneumatica atta a spin-
gere il liquido sin dentro ai vasi capillari più sottili rimane il cuore, che
i due malcapitati fossero ancora vivi durante l’esecuzione dell’esperi-
mento. Naturalmente, a quell’epoca, non si disponeva ancora della si-
ringa ipodermica. Le due macchine anatomiche, all’inizio nel laborato-
rio del Principe e ora situate nella cava sotterranea della Cappella, sa-
rebbero state di fatto realizzate da un anatomista di Palermo, Giusep-
pe Salerno, come risulta da un contratto, oggi conservato nell’Archivio
notarile di Napoli. Partendo dai due scheletri umani, il Principe si im-
pegnava a fornire al medico siciliano il fil di ferro e la cera colorata (in
base ad un metodo da lui ideato) per ricostruire l’albero circolatorio e
approntare pertanto un valido modello didattico ai non sempre esperti
medici del regno. In origine, la macchina femminile aveva anche un
feto, trafugato però circa mezzo secolo fa. Che si tratti poi di macchine
non è peraltro certo, in quanto non si è mai potuto appurare la cosa.
Talento veramente enciclopedico, non meno del secolo in cui visse,
di Sangro si occupò di ogni ramo dello scibile umano. Costruì macchi-
ne idrauliche, capaci di trasportare l’acqua a qual si voglia altezza, si
interessò di pirotecnica (per realizzare fuochi d’artificio policromatici),
lavorò ad un prototipo di carta ignifuga (un misto di lana e di seta, con
la proprietà di non prendere fuoco), a sistemi per dissalare e potabiliz-
zare l’acqua di mare, alla fabbricazione di gemme artificiali (simili alle
gemme vere e realizzate in marmo bianco, per esser poi colorate in ba-
se ad un procedimento del tutto nuovo) ed all’impermeabilizzazione
dei tessuti (un mantello similmente trattato, che di Sangro avrebbe
donato a Carlo di Borbone, grande appassionato di caccia)
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Tra le altre invenzioni del Principe, ricordiamo un palco pieghevole per rappre-
sentazioni teatrali (che tramite ruote, argani e funi sarebbe stato possibile sollevare e
chiudere a libro; testimoniato dalla
Lettera apologetica
, sarebbe stato costruito, nel
1729, presso il Collegio Romano, per lo svolgimento di un carosello di cavalleria), un
cannoncino da campagna (realizzato in metallo leggero, in sostituzione del bronzo, al-
lora comunemente impiegato), un archibugio (fucile a retrocarica, fabbricato a canna
unica, in grado di sparare a polvere o ‘a vento’, come allora si chiamava l’aria compres-
sa), una carrozza marittima (veicolo ritratto in una stampa d’epoca tuttora esistente,
perfettamente simile alla carrozza terrestre, con tanto di cavalli verosimilmente in su-
ghero o legno e – al posto delle ruote – delle pale, azionate da personale nascosto, in
grado di navigare), un sistema per la stampa simultanea a più colori (oggi distinguiamo
tra tricromia e quadricromia) eseguita con una sola ‘passata di torchio’ e, da ultimo, un
metodo per realizzare ‘epigrafie al negativo’ (anziché scolpire le scritte, queste sareb-
bero state ricoperte con una pasta, a base di paraffina, la quale le avrebbe protette dal
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