DAVIDE ARECCO
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Principe guardò con interesse e condivisione d’intenti, desideroso d’ap-
partenervi. Risiede ritengo qui – e non altrove – il paradosso storico le-
gato al personaggio e alla sua produzione, complessa e affascinante
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.
San Severo era letteralmente ossessionato dall’immortalità e la rete
sanguigna solidificata nelle macchine anatomiche con un arcano di sua
invenzione lo proverebbe. Pare in effetti accertato che egli iniettò, nel
1739, una sua soluzione alchemica in due corpi già cadaveri, ricoperti
da cera di api colorata (e montata su armature di ferro e di spago).
L’obiettivo doveva essere quello di conservarli per l’eternità, mummi-
ficandoli. Alla prova dei fatti, il sistema fallì e le carni finirono per de-
teriorarsi, mentre il solo apparato cardiocircolatorio restò integro. Ri-
masero le sue macchine anatomiche, da lui descritte (nella
Breve nota
del 1766) come ‘due scheletri d’un Maschio, e d’una femmina, ne’ qua-
li si osservano tutte le vene, e tutte le arterie de’ Corpi umani, fatte per
injezione, che per essere tutt’intieri, e per la diligenza, con cui sono
stati lavorati, si possono dire singolari in Europa’. La Cappella è quin-
di, insieme, officina scientifica e libro di pietra. Tutta la simbologia del
tempio disangriano si ispira all’antica simbologia di Cesare Ripa, lo
studioso di emblemi che, nel 1603, aveva fissato i canoni simbolici del-
la Fortuna, Fortezza, Sapienza, Fede, Astronomia e Matematica (sulla
scia di Andrea Alciati).
Un’altra scoperta il Principe descrisse in una lettera – sottoposta a
perizia calligrafica e oggi reputata autentica – datata 14 novembre
1763 e indirizzata al barone Theodor Tschudy, un cadetto del reggi-
mento di svizzeri al servizio del Re di Napoli ed un esponente di spic-
co della Massoneria tedesca
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, grande amico del di Sangro. Nell’episto-
la vi sono passaggi, scritti mediante un codice a traslitterazione di tipo
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Anche il Settecento, peraltro, non smise da parte sua di ‘cercare’ il Principe. Nel
1790, di fronte al tribunale romano dell’Inquisizione, il conte Cagliostro, già membro
della confraternita dei Rosa-croce, affermò che tutte le sue conoscenze alchemiche gli
furono insegnate a Napoli, da ‘un principe molto amante della chimica’. Quale sia il no-
me di questo principe, non ci è dato sapere, dato che i verbali del processo sono tenuti
nel più stretto riserbo da parte della Camera Apostolica. Comunque sia, i giudici non
vollero credere al Balsamo e lo condannarono alla prigione perpetua, nella rocca di San
Leo. A quanto pare, pertanto, il Principe Raimondo Maria di Sangro potrebbe essere
stato il diretto maestro di Cagliostro; cfr. P. C
ORTESI
,
Cagliostro
, Roma, 2004.
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Nell’opuscoletto di H. T. T
SCHUDY
,
Il catechismo ermetico-massonico della stella
fiammeggiante
, a cura di E. Alvi, Roma, 1984, troviamo anche moltissimi riferimenti
pitagorici. L’arte regia, fin dai tempi di Massimo di Tiro, esponente del neo-platoni-
smo, indicava del resto tanto l’alchimia quanto la Libera Muratoria.
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