ENRICONUZZO
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maturata – sulla materia investita da questo contributo – dalla fine de-
gli anni ’40: tra le quali porrei un episodio poco tenuto presente della
sua ricerca storiografica, il saggio
Cartesio e l’Italia
del 1950, prima di
quelli, più rilevanti e conosciuti, rappresentati dalla raccolta di saggi
che costituisce il libro del 1970,
Dal Rinascimento all’Illuminismo. Stu-
di e ricerche
, e dall’intervento su
Vico e l’eredità del pensiero del Rina-
scimento
pubblicato nel 1978
4
.
2. Pare superfluo ribadire che modificazioni o curvature intervenu-
te nel più interno nucleo dell’ispirazione problematica dello studioso,
dopo quelle già rinvenibili negli anni drammatici della guerra e dei
primissimi anni del dopoguerra
5
, dovevano trovare espressione pure
nelle sue posizioni critiche maturate sul terreno della più ‘autonoma’
indagine storiografica.
E ciò ovviamente a maggior ragione allorché la figura dello studioso
presto tanto prestigioso ed autorevole per il già imponente lavoro sto-
rico effettuato si intrecciò largamente con quella dell’intellettuale che
spiccò nel dibattito culturale, ‘civile’, italiano come un suo ricono-
4
Cfr. E. G
ARIN
,
Cartesio e l’Italia
, in «Giornale critico della filosofia italiana»
(d’ora in poi reso con la sigla
GCFI
) XXIX (1950), pp. 385-405;
Dal Rinascimento
all’Illuminismo. Studi e ricerche
, Pisa, 1970;
Vico e l’eredità del pensiero del Rinasci-
mento
, Roma, 1978, anche in
Vico oggi
, a cura di A. Battistini, Roma, 1979, pp. 69-93.
Nel caso di quest’ultimo contributo si tratta della «Prolusione» per il Congresso Inter-
nazionale Vico-Venezia, 21-25 agosto 1978, che, pubblicata fuori commercio dall’edi-
tore Armando, non si legge però nei relativi atti:
Vico e Venezia
, a cura di C. De
Michelis e G. Pizzamiglio, Firenze, 1982. Lo scritto fu poi incluso nella «Seconda
edizione rivista e accresciuta» della raccolta dal
Rinascimento all’Illuminismo
, Firenze,
1993, pp. 197-217. Per comodità del lettore darò daccapo i dati bibliografici dei testi
già citati nella prima parte di questo mio contributo.
5
Nicola Terranova, in pagine del suo ‘ritratto’ di Garin (non senza momenti, chiara-
mente fatti trasparire, di una sua fattiva ‘ispirazione’) già richiamato nella prima parte di
questo lavoro, riporta l’esperienza di una cospicua «tentazione religiosa» che colse Garin
negli anni drammatici della guerra. «A un certo punto della guerra ebbi una ‘fortissima
‘tentazione’ religiosa, che incise in me molto profondamente, anche se con venature
‘tolstoiane’ […] Fu una cosa molto seria e molto profonda» (N. T
ERRANOVA
,
Eugenio
Garin
, in «Belfagor» XI, 1956, p. 436). Aggiunge l’autore (ma non è certo il caso di
discutere la sua tesi) che «questa ‘tentazione’ religiosa si lascia scorgere ancora nel
volume sull’
Umanesimo italiano
[del 1947], sia come ‘preoccupazione religiosa’ (premi-
nenza del problema religioso su tutti gli altri problemi), sia come nuovo indulgere ad un
modo di intendere la filosofia in senso ‘pio’, come ‘docta religio’, come ‘poesia filosofica’;
svalutando così l’ordinamento logico dei procedimenti e dei sistemi».
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