PENSIERO E VITA CIVILE NELLA NAPOLI VICHIANA DI FINE SETTECENTO
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nei contenuti, adeguando la propria strategia d’intervento al nuovo
scenario politico e sociale. Lo scopo diventava quello di ricomporre,
alla luce del complicato equilibrio naturale, il valore della dimensione
razionale del
facere
umano, affidando la previsione della correzione del
corso storico e dell’inevitabile corruzione dei governi dispotici alla rin-
novata indagine scientifica di
filosofia della storia
. Una prospettiva che
può bene illuminare il senso di quella convergenza, opportunamente
notata, tra «dimensione utopica della filosofia» e «dimensione storica
della legislazione» che avvicina, ancora una volta, l’autore delle
Consi-
derazioni sul processo criminale
e dei
Principii del codice penale
alla le-
zione mai dismessa del vichismo genovesiano
70
.
Se nel 1783 la
catastrofe fisica
aveva rappresentato il naturale arresto
del corso storico, mostrando il possibile avvento di una nuova età,
simbolo della speranza e della fiducia nell’azione della monarchia bor-
bonica, nel 1792 il riconoscimento della
catastrofe sociale
comportava
l’assunzione del carattere di necessità della
decadenza
, la fine di ogni illu-
soria attesa in un intervento dall’alto. A tale consapevolezza corrispon-
deva, sul piano teorico, la sfiducia in un più o meno lineare progresso
della storia umana. La dimensione progressiva si riduceva a poco più di
una petizione di principio, manifestantesi, più che nella prospettiva
cumulativa della storia dell’umanità, nell’andamento frastagliato e
composito del corso storico. Quest’ultimo non alterava, insomma, il
predominante pessimismo ciclico, restando la
decadenza
un’interferenza
necessaria e pressoché ineluttabile della storia, richiamata al suo primo
stadio di barbarie primitiva dove – come si legge nel capitolo V del
Saggio VII del 1785 (riproposto nel capitolo VI del
Saggio VI
del 1792)
– «la natura si rinvigorisce e i suoi dritti e forze ripiglia» (
Sp1
, p. 241 e
Sp2
, p. 394). Un ritorno, tuttavia, non identificabile con un termine
temporale rigidamente predeterminato, visto che Pagano si impegnava
subito a mostrare i caratteri di «diversità della seconda barbarie delle
nazioni dalla prima, e del novello stato selvaggio» (
Sp1
, p. 240), in
coerenza con quel principio di legalità naturale che, anche in tale
contesto teorico e storico, non rendeva mai assimilabile fino in fondo la
sua nozione di
decadenza
a quella di Vico
71
. Alla legge naturale veniva
70
Cfr. F. T
ESSITORE
,
Momenti del vichismo giuridico-politico nella cultura meridio-
nale
(1976), poi in I
D
.,
Contributi alla storia e alla teoria dello storicismo
, Roma, 1995,
vol. I, p. 350.
71
Sul tema è interessante il contributo di M. C. P
ITASSI
,
Francesco Mario Pagano tra
Vico e il materialismo francese,
in «Rivista di filosofia» LXXIII (1982) 24, in partic. p. 355.
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