FABRIZIO LOMONACO
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riferita la fenomenologia della corruzione dell’uomo e la decadenza delle
nazioni. In un brano del capitolo XIII del
Saggio V
del 1792 (assente nel
corrispondente capitolo XIII della prima edizione) alla definizione di
«forza concentriva», secondo una terminologia di matrice newtoniana,
criticamente orecchiante il linguaggio genovesiano, corrispondeva il
concetto di
amor proprio
, espressione di una natura umana evoluta, di
un
amor di sé
tradotto in forme sociali e politiche lontano dai noti giudi-
zi negativi di Rousseau. Coerente con la sostenuta corrispondenza delle
leggi fisiche dell’universo a quelle morali dell’uomo è la messa in relazio-
ne della corruzione umana e della «decadenza delle nazioni» con la se-
parazione dell’ «amor proprio e personale» dall’«amore de’ nostri simi-
li», rami dell’unico «tronco dell’ amor di noi», riflesso nell’uomo delle
due fondamentali forze naturali, la
concentriva
e la
diffusiva
, causa di
conservazione
o
espansione
dei corpi naturali e morali (
Sp2
, p. 381). Se la
«forza concentriva» prevale, il falso interesse personale coincide con
l’egoismo sociale che corrompe l’«amor del pubblico bene» e annienta
con ciò l’uomo e il
corpo
sociale. È la denuncia che apre, nel 1792, il
Saggio VI,
introducendo varianti significative al testo del 1785:
[…] Il falso amor proprio, che degenera in egoismo, l’interesse personale,
l’insensibilità verso degli altri, lo sfrenato amore de’ sensuali piaceri è la de-
pravazione della parte sensiente dell’uomo. […] Or l’uomo depravato si è nel
tempo stesso il cattivo cittadino: perciocché chi non ha le virtù sociali non
sente l’amor del pubblico bene. Per la qual cosa l’istessa è la corruzione della
società e degli uomini che la compongono (
Sp2
, p. 381)
72
.
Un’immagine impietosa, questa di una comunità e dei suoi abitanti
che oggi certo non meritano né attendono riflessioni ‘attualizzanti’ ma
debbono riconoscere nel proprio passato le ragioni di una
filosofia
civile
che non può esser passata invano, nonostante tutto.
F
ABRIZIO
L
OMONACO
72
Per il confronto con Genovesi si pensi a
Della Diceosina o sia della filosofia del
giusto e dell’onesto dell’abate
ANTONIO GENOVESI
(1766), in Venezia, M. Fenzo,
1795
³
, lib. I, cap. III, in partic. § XVIII, p. 45. Cfr., anche per i riferimenti a Rousseau,
C
AMPAGNA
,
op. cit
., pp. 48-49 e 181-182. Sulle ragioni che spinsero Pagano a non
citare Genovesi e la «dinamica delle forze attrattive e repulsive» è intervenuto
R. A
JELLO
,
I
Saggi politici di Mario Pagano e il loro tempo
, cit., pp. 36-41, 52-53 e note.
Più interessata a enfatizzare il ‘naturalismo’ paganiano è l’indagine di V. F
ERRONE
,
I
profeti dell’illuminismo…
, cit., pp. 278-300.
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