DE UNIVERSI JURIS UNO PRINCIPIO ET FINE UNO
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questo contesto come l’esperienza decisiva, in quanto più ampia arti-
colazione ordinata di
dominium
libertas
e
tutela
, i diritti ‘naturali’ pri-
mari e costitutivi dell’uomo, diretta emanazione del
nosse
, del
velle
e
del
posse
, patrimonio peculiare di una natura umana ricalcata a im-
magine e somiglianza di Dio. Nell’equilibrio degli
iura naturalia
si con-
densa il massimo di
virtus
dello Stato. Impostate su uno solo dei tre
originari diritti come quello veramente dominante, le forme pure del-
l’
auctoritas civilis
– la monarchia, la democrazia e l’aristocrazia – ap-
paiono inevitabilmente destinate alla progressiva unilateralizzazione,
fino al
dominium
senza
libertas
, alla
libertas
senza
tutela
, a una
tutela
che spezza l’unità del
dominium
e azzera le istanze plurali della
liber-
tas
: in sostanza, fino alla degenerazione come svuotamento, come di-
sgiunzione del bilanciamento che compone la
virtus
dello Stato. Le
forme «mixtae» o «temperatae» realizzano invece un equilibrio più
saldo; a Roma il conflitto tra
patres
e
plebs
alimenta continuamente e
sinergicamente le istanze dei tre diritti, evitandone gli eccessi squili-
branti: i Romani furono perciò il più virtuoso e potente tra i popoli an-
tichi, poterono unificare politicamente il mondo e consentire in esso il
pieno dispiegamento dello
ius naturale
. Il tema apertamente machia-
velliano della lotta tra patrizi e plebei come causa primaria della gran-
dezza di Roma viene così complicato alla base, in quanto rivestito fin
dall’inizio di moralità e giuridicità, per essere poi sciolto/risolto al ver-
tice, nella prospettiva dell’avvento del Cristianesimo quale completa-
mento della vera sapienza sulla terra. Impregnato di filosofia greca, di
diritto romano e di religione cristiana, il
Corpus iuris
giustinianeo è la
sapienza (civile) dispiegata per sempre, messa eternamente ‘a disposi-
zione’ dell’umanità. Il mondo moderno è uscito dal buio della barbarie
medievale riedificandosi su quegli eterni princìpi. Che si tratti sempli-
cemente ed esclusivamente di una ‘risposta cattolica’ alle moderne
teorie del diritto naturale, è reso discutibile da tanti aspetti e risvolti,
tra i quali basti qui accennare a quell’antiagostinismo politico che vi
corre sotterraneo, e che apre a non pochi punti di vicinanza ideale con
la
Monarchia
di Dante: vicinanza imbarazzante, rispetto a un libro, non
si dimentichi, bruciato sulla pubblica piazza di Bologna nel 1329, per
disposizione del cardinale Bertrando del Poggetto, e rimasto all’Indice
fino al 1881. Quel che importa mettere in evidenza è che, imperniata
sulla dinamica delle forme di governo, sulla funzione politico-giuridica
di Roma e sull’approdo escatologico che ne conclude la storia, questa
impostazione
non
ha riscontri nella
Scienza nuova
, specie nell’ultima