RICCARDO CAPORALI
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versione della
Scienza nuova
. Della
mixtura
Vico farà un’aperta ritrat-
tazione, una vera e propria palinodia già nel ’25: nessun bilanciamento,
nessun mescolamento; le forme del potere esprimono civiltà diverse e
alternative, caratterizzate da loro peculiari mentalità, da specifici
valori, da particolari ‘virtù’. La storia di Roma diventerà allora para-
digmatica non come
eccezione
(esempio eccezionale di virtù), ma in
quanto
regola
, costanza del corso che fanno tutte le nazioni; e sull’on-
da di una sempre più netta (e precisa e accorta) separazione di storia
sacra e storia profana, l’avvento di Cristo resterà definitivamente estra-
neo, esterno all’oggetto della nuova ‘scienza’. Si può sintetizzare questa
distanza con molte formule semplificanti: dalla metafisica all’antropo-
logia; dalla morale alla politica; dalla religione alla scienza. Forse, più
correttamente, è possibile parlare di una nuova metafisica, di una nuo-
va politica, di una nuova antropologia, che rifondano radicalmente
nella
storicità
il farsi dell’uomo, immergendo nelle viscere del divenire
perfino le più istintive e immediate tra le sue passioni e i suoi senti-
menti – ivi compresa, nell’ultima redazione del capolavoro, quella «te-
nerezza», quell’«amor de’ figliuoli» che appare completamente assente
nell’eroismo, perché conquistato durante la lunga e in gran parte
inconsapevole marcia della plebe verso l’umanità dispiegata. Resta, in
ogni caso, la lontananza tra le due impostazioni, a rendere l’idea di un
pensiero che, unitario nelle sue tensioni profonde, nelle ansie e negli
interrogativi, non procede affatto per deduzioni progressive o acqui-
sizioni lineari. Con una delle sue tante immagini così pregnanti (e
proprio in polemica contro troppo lisce e rotonde composizioni di un
certo storicismo teleologico-idealistico), Pietro Piovani parlava di Vico
come filosofo «degli estremi», infaticabile costruttore e indagatore
della «filosofia della storia come crisi». Forse, si potrebbe aggiungere
che la crisi è anche una cifra per così dire ‘soggettiva’ di Vico, che at-
traversa dall’interno la sua straordinaria esperienza filosofica. Nel suo
stesso dispiegarsi attraverso svolte, lunghi silenzi (come quello, di ben
dieci anni, che separa il
De antiquissima
dal
De uno
), vere e proprie
rotture, verticali discontinuità.
R
ICCARDO
C
APORALI