ENRICONUZZO
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ti di ‘contiguità’ e affinità con l’età umanistica) a Cartesio a Rousseau,
magari fino a Sartre
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.
Per quanto attiene più strettamente al nostro argomento fu dunque
fortemente ‘autonomo’ il ripensamento che investì segnatamente il gran-
de quadro dei tempi che vanno ‘dal Rinascimento all’Illuminismo’. Ov-
viamente l’impegno dello studioso che si stava affermando come un in-
discusso maestro degli ‘studi rinascimentali’ si volse preminentemente
nella ridiscussione del primo termine, nel riuscito sforzo in primo luogo
di restituire quel fenomeno alla sua complessità (il che ne implicava
anche una periodizzazione interna), liberandolo ulteriormente dai carat-
teri di univocità, unilinearità, di tante interpretazioni e definizioni.
Entro un tale mai smesso lavorio critico, il cui ‘ricominciamento’ si
può situare nel saggio del 1949,
Umanesimo e Rinascimento
, seguito a
Der italienische Humanismus
del 1947, la considerazione equilibrata di
un complesso fenomeno, atteggiamento spirituale, incrementava l’im-
magine di un umanesimo integrale, irriducibile ad ogni arbitraria, in-
sostenibile unilateralità interpretativa: a quella tradizionale di un uma-
nesimo angustamente ‘letterario’ e ‘figurativo’; a quella ‘paganeggiante’
della tradizione critica ‘burckhardtiana’; a quella simmetricamente
unilaterale della direttrice ‘gilsoniana-burdachiana’ (se si può definirla
tale); e così via. Viceversa veniva irrobustita la centralità assegnata
all’
homo faber
, nel senso della cruciale dignità della civile, costruttiva e
‘diffusiva’, operosità umana, ma anche nel senso dell’esercizio (con la
ragguardevole strumentazione ermetica, magica, etc.) della
potentia
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Il cui «existentialisme» come «humanisme» poteva essere avvicinato alla conce-
zione di Pico dell’uomo creato da Dio come «libera possibilità di esistere» (E. G
ARIN
,
Mezzo secolo dopo
, in «Belfagor» LIII, 1998, pp. 153 sgg.). Sul tema interviene felice-
mente Giuseppe Galasso in un bel saggio nel quale vengono argomentatamente sotto-
lineate la precocità e ampiezza, nonché la complessità, delle componenti storicistiche
nel pensiero, nella storiografia del grande studioso: cfr. G.
G
ALASSO
,
Storicismo,
filosofia e sapere storico
, in
Eugenio Garin. Il percorso storiografico di un maestro del
Novecento
, a cura di F. Audisio e A. Savorelli, Firenze, 2003, in partic. pp. 36-37, 49-
50. Nella traiettoria della meditazione storicistica di Garin efficacemente Galasso indi-
vidua il passaggio da uno «storicismo del mestiere» ad uno «storicismo robusto con-
nesso in forma esplicita o implicita all’elaborazione storiografica relativa all’Umane-
simo», fino ad «una proiezione storicistica più direttamente calibrata sulla vita come
dramma» (ivi, p. 49). È un tema che meriterebbe una specifica trattazione: ad esempio
estesa a un’indagine di quanto vi sia in ultimo di ‘gentiliano’, e ‘platonizzante’ (prima
che di ‘kantiano’), nel costante accento posto da Garin sul carattere di tensione ine-
sausta, verso mete mai conseguite, proprio del filosofare.