ENRICONUZZO
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toria della meditazione vichiana e il compito di una considerazione
autonoma dei diversi scritti componenti il
Diritto universale
(in parti-
colare con la precipua ricostruzione dei caratteri e significati del
De
uno
) poggiante su di un lavoro esegetico analitico non ristretto
11
.
Un tale lavoro di indagine analitico, sistematico, anche per ampi
sondaggi, sulla vasta mole dei testi giuridici fu auspicato, avviato, ma
solo in parte realizzato, nella stagione degli anni tra i ’60 e i ’70, che
vide un risveglio abbastanza diffuso, pur disuguale, di interessi ed in-
dagini ravvicinate anche sul
Diritto universale
, dal quale non va assolu-
tamente dissociato l’essenziale lavoro sulla cultura giuridica napoletana
compendiabile nei nomi di Biagio De Giovanni e Raffaele Ajello
12
.
11
Ovviamente non è questo il luogo per prendere in esame e valutare il significato
e la persuasività della stessa distinzione tra una ‘genesi logica’ e una ‘genesi storica’
della
Scienza nuova
a proposito dei rapporti tra «verum-factum» e «verum-certum»:
due princìpi che in effetti Fassò riteneva in sostanza convertibili, il primo ‘logicamen-
te’ comprendendo il secondo, anche se ‘storicamente’ per lungo tempo latente. Resta
che lo sguardo ‘retroattivo’ dell’interprete condiziona pesantemente il suo giudizio,
negando coerenza interna al testo vichiano che, a mio avviso, già per l’adozione di un
impianto sostanzialmente ‘deduttivistico’, quella coerenza detiene ad un livello alto.
«Nel
De uno
«the doctrine of the synthesis of the universal and the individual remains
unclear, as indeed the whole work is unclear, and oscillates between traditional
philosophy and historicism» (G. F
ASSÒ
,
The Problem of Law and Historical Origin of
the ‘New Science’
, cit., p. 12). Intervenendo piuttosto diffusamente negli anni ’50 sul
Diritto universale
– ma in effetti sul
De uno
– Corsano coglieva in fondo più corretta-
mente il carattere unitario di questa opera, pur se sottoponendola ad un giudizio sbri-
gativamente negativo circa il suo «così estremo dommatismo intellettualistico, metafi-
sico-teologico, ontologizzante, […] con tracce evidenti di razionalismo tomistico» e
formule del «più ortodosso cartesianesimo», o di «altrettanto ortodossa fedeltà al-
l’estremo cartesiansimo occasionalistico» («che aveva poi il pregio di essere più plato-
nico che cartesiano») (A. C
ORSANO
,
G. B. Vico
, Bari, 1956, pp. 138, 164-165).
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Quel risveglio solo in parte va cercato e trovato nei contributi, precedenti e
coevi, più strettamente ascrivibili ad interessi ‘disciplinari’ di tipo giuridico: quali quel-
li, svariati ma in verità ineguali, di Dario Faucci, Vittorio Frosini, Elio Gianturco, Gio-
vanni Ambrosetti, Antonio Droetto (con i libri monografici di C. Cantone del 1952, di
Mercurio Candela del 1958, di Dino Pasini del 1970), etc. Basta pensare a pagine di
S. M
AZZARINO
,
Vico, l’annalistica e il diritto
, Napoli, 1971. Superfluo ribadire l’impor-
tanza del volume su D’Andrea del 1958 di De Giovanni o dei lavori di Ajello (e della
sua ‘scuola’). Per il nostro tema è opportuno richiamare almeno l’ampio saggio di
B. D
E
G
IOVANNI
,
Riflessione sulla critica della coscienza pura nel ‘Diritto universale’.
Vico e Cartesio
, in «Annali della Facoltà di Giurisprudenza» (Bari) XVII (1962), pp.
77-121. Ma andrebbero ricordate anche pagine di Piovani apparse in quegli anni in
La
filosofia del diritto come scienza filosofica
, Milano, 1963.
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