GLI STUDI VICHIANI DI EUGENIO GARIN
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Sul primo punto la lettura assolutamente unitaria del pensiero car-
tesiano in chiave ‘umanistica’, tanto decisa da richiamare lo stile di lon-
tane tesi relative alla ‘circolazione del pensiero’ in Europa, si lega evi-
dentemente a quella di un Rinascimento sottratto a ipoteche interpre-
tative centrate sull’incidenza delle eredità della filosofia scolastica; così
come Cartesio viene sottratto all’«allacciamento strettissimo col Me-
dioevo attraverso la Scolastica post-tridentina» al quale lo costringeva-
no pur magistrali analisi quali quelle condotte da Gilson. Tutte le nu-
merose divergenti interpretazioni del pensiero cartesiano, gli stessi ele-
menti di «contrasto» rinvenibili in esso sui quali quelle possono pog-
giarsi, vengono meno quando di esso si colga il principio unitario di
un’«eroica ricerca» della centralità dell’umano, di quell’«uomo carte-
siano» del quale peraltro «si deve vedere» l’essenziale «destinazione
pratica». Allora, se «il senso dell’itinerario cartesiano» è quello del-
l’uomo che trova «in sé il fondamento del mondo, onde tornarvi attore
e dominatore», «è chiaro che il rapporto col pensiero del Rinascimento
si colora di un’evidenza precisa», e che in esso si decide l’effettivo
«tempo ideale di Cartesio»
13
. Questo infatti «non si coglie se non attra-
verso quei due secoli di pensiero, il ’400 e il ’500, che mutarono in tut-
to la prospettiva del filosofare». «La metafisica cartesiana non nasce
dal tronco della scolastica post-tridentina, ma si muove
tutta
nell’atmo-
sfera delle filosofie della Rinascenza»
14
.
Può non apparire a prima vista chiaro. Ma qui, mi pare, cominciamo
a venire a più stretto contatto con il punto nevralgico, il nodo interpreta-
tivo, che consentirà di tenere insieme fino alla fine – entro il quadro di
un’unitaria età umanistica – interpretazione del Rinascimento, interpre-
tazione della scienza (e filosofia) moderna, interpretazione di Vico (Vico
che ‘completerà’ Galileo), e del Settecento nel suo complesso.
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Ivi, pp. 390-392. «Il contrasto cartesiano fra matematismo, meccanicismo e
filosofia della libertà; il conflitto fra un ordine fisico rigoroso ed una vocazione umana
all’opera, si risolve in quel punto al quale tutta la sua metafisica richiama senza posa:
nell’atto primo in cui, ributtate nel niente tutte le cose e tutte le verità, l’uomo s’incontra
con la propria verità e con Dio e scopre la sua eccedenza». «Solo se teniamo presente
questo Cartesio, fondatore di una metafisica che conserva all’uomo tutta la ricchezza
delle sue dimensioni […], solo così dissolveremo l’immagine scolasticizzata di un esile
cogito». «Tutto si fa chiaro quando si ritrovi l’uomo di Cartesio» (ivi, pp. 390-391).
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Ivi, pp. 392-393. E si veda questa bella espressione: «la solitudine di Cartesio
[…] non è che la trascrizione drammatica della visione di sé che fu dell’Umanesimo.
Appunto là dove una storiografia di maniera sottolineava un’opposizione, bisogna
invece accentuare una convergenza» (ivi, p. 392).
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