RECENSIONI
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larmente indicativa della tradizione umanistica cui va ricondotto per molti
versi il Vico» (p. 53). Vico, infatti, continua lo studioso, «non rifiutava
tout
court
la tradizione umanistica, pur criticando i limiti teoretici dello stoici-
smo e dell’epicureismo, i limiti civili dell’individualismo e dello spirituali-
smo petrarcheschi, che erano parte integrante di quella tradizione, ma ri-
conosceva implicitamente la molteplice natura di quella tradizione, della
quale individuava una linea particolare, quella che nel secolo scorso si è
chiamata umanesimo civile e che faceva capo alla filosofia della vita attiva,
al platonismo della
Repubblica
[…]. Era la linea ciceroniana, […] una pro-
spettiva umanistica nutrita dalle
Tusculanae,
dal
De finibus bonorum et malorum,
dal
De officiis
, passati attraverso la revisione dei Padri della Chiesa e appro-
dati al recupero classicistico dell’Umanesimo come fondamento di un’eti-
ca classico-cristiana aperta al primato della vita civile» (p. 54).
Il saggio di Biagio de Giovanni, illustre e già pionieristico studioso del
previchismo,
Sul cominciamento della storia di Vico
(pp. 65-88)
,
molto icastico
e radicale, include la
Scienza nuova
in un contesto senza limiti e tragicamente
aperto ad esiti imprevedibili. Si tratta di una rivisitazione potente del pensiero
vichiano, a volte impietosa rispetto alle interpretazioni precedenti, ma forte-
mente stimolante e, per così dire, ‘purificatrice’ anche per chi non la condivi-
desse
in toto.
L’A. dà una nuova interpretazione della separazione vichiana tra
storia sacra e storia profana: soltanto la seconda rientra nella dinamica della
‘scienza nuova’ del filosofo napoletano; l’altra, secondo l’interpretazione che
de Giovanni fa del pensiero vichiano, è immobile, è auto-rivelazione di Dio,
non è la storia oggetto della speculazione di Vico.
Il saggio di Donato Mansueto,
La
guerra al cielo.
Saggio di mitografia vi-
chiana
(pp. 89-104), parte dal presupposto che nell’immagine mitica è possi-
bile rinvenire «lo scarto fra storia ideale eterna e storia che corre in tempo, fra
ratio
e
auctoritas
. Fra i miti che meglio esemplificano tale processo spiccano
quelli relativi alle guerre dei giganti, interamente determinati, nelle loro va-
rianti, dalle modalità di articolazione dei rapporti fra le dimensioni dell’alto e
del basso, del cielo e della terra. Nella
Scienza nuova
, le favole dei giganti il-
lustrano dinamicamente il mutare di queste articolazioni attraverso una scrit-
tura potentemente immaginosa, la cui consistenza figurale non si pretende
accessoria bensì costitutiva (in quanto ‘vera allegoria’ e
vera narratio
)» (p. 89).
Partendo da questo dato costitutivo della scrittura vichiana, e cioè dalla cor-
posità della parola che rende visibili al lettore, come in una sorta di teatro
mentale, le immagini raccontate, Mansueto svolge un serrato confronto tra le
figure del mito rappresentate nella
Scienza nuova
con le raffigurazioni che de-
gli stessi miti erano state fatte in particolare nel Cinquecento e nel Seicento.
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