RECENSIONI
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usi che ne facevano i politologi del tempo» (p. 23). Suppa, sottolinea Battisti-
ni, fa notare che Machiavelli, se viene da Vico esplicitamente osteggiato, viene
poi di fatto da lui utilizzato nei suoi concetti fondamentali. Battistini mostra
poi che Raffaele Ruggiero (
Il sistema delle leggi e la finzione poetica nel
Diritto
universale, pp. 181-205) «si è occupato, in ideale complementarità con Sup-
pa, del sistema delle leggi costruito nel
Diritto universale
, l’opera in cui i miti
classici dei fondatori di consorzi civili, da Anfione a Orfeo, sono fatti intera-
gire con la dottrina di Ulpiano e Papiniano» (p. 23). Anche per il saggio di
Nicola Melone (
I saperi scientifici del secolo di Vico,
pp. 207-220) non si può non
cedere alla tentazione di riportare l’efficacissima analisi di Battistini: «l’assun-
zione di una prospettiva enciclopedica fa emergere nel paladino delle scienze
dell’uomo aspetti che coinvolgono anche l’epistemologia, quasi inevitabile in
una stagione sei-settecentesca delineata a largo spettro da Nicola Melone, al
quale si deve una rassegna dei grandi progressi scientifici che dalla scoperta
della circolazione del sangue si estendono alle ricerche idrauliche di Benedet-
to Castelli, alle leggi sul moto di Evangelista Torricelli, alla sperimentazione
naturalistica di Francesco Redi, fino alle ipotesi di Antonio Vallisneri sul-
l’‘abisso delle acque’, tutte componenti che più o meno incisivamente sono
giunte a Vico» (p. 24).
Alessandro Stile, in
Il sapere dell’
animus (pp. 221-233)
,
riprende un di-
scorso già iniziato nel suo precedente saggio
Anatomia dell’anima: tra Male-
branche e Vico
(in
Vico tra l’Italia e la Francia,
a cura di M. Sanna e A. Stile
Napoli, Guida, 2000). L’A. rende conto dell’evoluzione che ha in Vico il rap-
porto tra corpo,
mens
e
animus.
Partendo dalle
Orazioni,
Stile sottolinea che
in esse «
mens
e
animus
sono pressoché indistinte anche sul piano terminolo-
gico». Il problema che travaglia il giovane Vico, dichiara l’A., è «il rapporto
tra il corpo o natura da una parte e la
mens
e
animus
dall’altra» (p. 221). La
tesi di Stile è che nel
De antiquissima,
«distinguendo tanto il corpo quanto la
mens
dall’
animus,
il corpo si realizzerà come
corporeità dell’animus,
e la
mens
potrà esprimere in quell’
animus
le sue possibilità, cioè le sue facoltà» (pp.
221-222). Nel
De antiquissima,
infatti, la
mens
non si identifica più con
l’
animus
come nelle
Orazioni
, ma fa parte dell’
animus
, ne è la punta, e attra-
verso l’
animus
si esprimono, si realizzano, le facoltà del corpo e della mente.
In un passaggio della
Prima risposta
riportato da Stile, Vico scrive che «le fa-
coltà, che appartengono alla mente, hanno la loro realizzazione nell’animo, al
punto che ‘l’animo con ciascuna facultà si faccia il proprio soggetto: come i
colori col vedere, gli odori col fiutare, i suoni con l’udire, e così delle altre’»
(p. 230). Le facoltà della mente, dunque, sono il passaggio attraverso cui le
essenze, le virtù, diventano atto, si realizzano; ad esempio: il senso visivo è la
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