RECENSIONI
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vari tipi di sapienza succedutisi attraverso le epoche del progresso umano.
Così, molto opportunamente, lo studioso parte dalle
Orazioni inaugurali
nelle
quali riesce a scorgere dei semi, delle premesse della grande scoperta della
Scienza nuova
. Per Vico, dice Cacciatore, «la poesia è lo stadio iniziale a par-
tire dal quale si manifesta la stessa mente umana. Nella ricostruzione vichiana
di quelle civiltà in cui domina la sapienza poetica, si sottolinea come la poesia
non sia distinguibile, in modo artificioso o concettuale, dalla sfera del fare e
del produrre o da quella dell’utile. Anzi, dallo stesso punto di vista del lin-
guaggio e dell’espressione, il modello poetico-narrativo diventa percorso pri-
vilegiato per manifestare e sperimentare l’intera gamma delle oggettivazioni
della vita dell’uomo» (pp. 261-262). Tutte le manifestazioni della vichiana età
degli eroi si caratterizzano con l’aspetto poetico. Direi, come ha scritto Vin-
cenzo Placella, che in quell’età ciò che noi chiamiamo ‘poesia’ in senso speci-
fico quasi non si distingue: fare=
poiein.
Nata così, la grande poesia è onni-
comprensiva, pur non essendo dotata di «Sapienza riposta», al contrario di
quanto sosteneva Gravina. Ripetiamo: il discrimine tra il ‘vicino’ Gravina e
Vico è abissale. «Forse in nessun altro filosofo della modernità, come in Vico,
– prosegue Cacciatore – si è consapevolmente riformulato l’originario nesso
tra la poesia e il fare umano racchiuso nel significato del termine
poiein
. La
poesia e i suoi saperi non esprimono soltanto l’originario fantastico o la sua
trasposizione simbolica e metaforica, né sono riducibili al solo livello del sen-
timento. Anzi, da un certo punto di vista storico-antropologico, il sapere poe-
tico è ciò che caratterizza l’originarietà primitiva dell’uomo e non ancora la
sua dispiegata razionalità» (p. 266).
Sulla sapienza ‘poetica’ si sofferma anche Manfred Lentzen (
Il concetto di
sa-
pientia poetica
negli scritti di Giambattista Vico
, pp. 269-281), il quale dà conto
dell’evoluzione del concetto in alcune opere maggiori di Vico fino a concludere
la sua analisi con confronti con Leopardi, Rousseau, Herder e Dilthey.
Manuela Sanna (
Il sapere dell’immaginazione e le sue forme di conoscenza,
pp. 283-295) studia il rapporto tra «immaginare» e «intendere» in Vico par-
tendo da un brano della
Scienza nuova
del ’44. Il primo ad occuparsi di que-
sto problema fu Croce in un articolo del 1949. La studiosa sottolinea come
Vico concepisca una «teoria dell’immaginazione che sfoci nell’elaborazione
degli universali fantastici. Cioè di un modello metodologico di conoscenza nel
quale il pensare per immagini costituisce una potenzialità specifica della cono-
scenza intellettuale, legata a una fase storica dell’antropologia che sfuma e si
modifica con il sopraggiungere delle successive fasi ma non per questo si per-
de» (p. 292). La studiosa aveva richiamato il
De anima
di Aristotele laddove si
afferma che, «se anche il pensare è una specie di immaginazione (
phantasia
) o
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