RECENSIONI
191
nella riflessione di Vico, il quale a proposito delle fasi più antiche della storia
umana «ha mostrato proprio come testo sacro, legge e poesia costituiscano
all’origine un’unica indistinta modalità espressiva» (p. 399).
Alla nozione di Provvidenza, sottolinea Battistini nella sua
Introduzione,
è
dedicata la relazione di Winfried Wehle (
Sulle vette di una ragione abissale. Gio-
vanbattista Vico e l’epopea di una ‘Scienza Nuova’,
pp. 445-466), che situa il concet-
to di Provvidenza «in equilibrio sul crinale dell’autonomia e dell’eteronomia
dell’agire umano» (p. 25).
Ci introduce nella terza sezione del volume il documentato saggio di Se-
bastiano Martelli (
Vico e Genovesi negli scritti editi e inediti di Galanti
, pp. 469-
494). L’A. qui esamina, con contributi nuovi, la fortuna settecentesca meri-
dionale di Vico, specialmente in Galanti. Con rigore e precisione, viene passa-
ta in rassegna l’intera ampia produzione dell’illuminista molisano, anche in
base agli studi e alle edizioni dei testi galantiani operata dall’instancabile im-
pegno del compianto Augusto Placanica. I giudizi e le fruizioni di Vico, come
si evince dal saggio di Martelli, sono molteplici nell’opera di Galanti e con un
dispiegamento non univoco: dalle iniziali riserve del giovane Galanti alla te-
saurizzazione più piena degli ultimi anni. L’A. mostra un non impossibile rac-
cordo tra il pensiero del grande filosofo napoletano con il riformismo meri-
dionale del Secondo Settecento.
Concludo questa recensione affidandomi all’efficacissima analisi di Batti-
stini degli ultimi, intensi, saggi, integrando la citazione (dalle pp. 26-27 del-
l’
Introduzione
) con i titoli dei lavori e i numeri di pagina: «Accanto al filosofo
politico si afferma anche, a fine Settecento, lo studioso di poetica, di cui Gio-
vanna Scianatico [
Vico e il Neoclassico
, pp. 519-532] ha individuato un influsso
su taluni scrittori del Neoclassicismo, una corrente operante, magari assu-
mendo una cifra massonica, anche nel sud […]. E con questo tipo di
liaison
,
che coinvolge Jerocades e Pagano, si dissoda il terreno per l’emigrazione del
vichismo verso il settentrione, dove a rappresentarlo sono stati nell’occasione
barese Alessandro Verri, su cui si è appuntata Renata Cotrone [
Il ‘vichismo’ di
Alessandro Verri: continuità e.frattura col grande «Napolitano»,
pp. 495-518], e il so-
dalizio milanese del «Caffè», punto di partenza per Rossella Abbaticchio
[
«Non v’è nano che sia amico di un gigante». Presenza di Vico tra il «Caffè» e la «Bi-
blioteca italiana»,
pp. 575-600] da cui approdare alla «‘Biblioteca italiana’» (
In-
troduzione,
p. 26). Per Ruggiero Stefanelli [
G. B. Vico e
i
‘Conciliatori’
, pp. 561-
573], «la cultura del ‘Conciliatore’ è imbevuta di Illuminismo sensistico, con
richiami espliciti agli
Idéologues
. In questo
milieu
il nome di Vico ha poche
occorrenze, ma circolano i suoi fondamenti concettuali, per l’attrazione dei
collaboratori del foglio azzurro verso i dibattiti legati al sorgere del vivere ci-
1...,181,182,183,184,185,186,187,188,189,190 192,193,194,195,196,197,198,199,200,201,...256