GLI STUDI VICHIANI DI EUGENIO GARIN
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Garin offriva così, a sostegno di prospettazioni generali di metodo e
di compiti di ricerca storiografica, puntuali indicazioni per studiare la
complessità delle posizioni, tendenze, ‘sette’ in campo, nella concretez-
za delle specifiche opere di singole figure. Così, in particolare nel caso
cruciale delle «polemiche cartesiane», il «pitagorico-platonico» Asto-
rini «era un esempio caratteristico della complessa posizione dei mo-
derni», laddove «Lullo, e magari Bruno, si incontravano con la nuova
fisica; la tradizione platonica si congiungeva con quella lucreziana».
Che era – si badi – «uno schema già operoso nel secolo XV, e che
ritroveremo costantemente presente nell’opera di Tommaso Rossi,
Dell’animo dell’uomo disputazione unica
», cioè in una figura pugnace-
mente attiva sull’altro fronte
28
.
1970, pp. 150-152, dove – nel ribadire e precisare la propria tesi in garbata polemica
con asserzioni del «pregevole volume» del Quondam su Gravina del 1968 – si rinven-
gono le espressioni citate). Già in precedenza, recensendo la nuova edizione degli
Aneddoti di varia letteratura
, Garin era intervenuto sulla nota che, rielaborata, lì si leg-
geva su
Il Vico e Lucantonio Porzio
, pubblicando una lettera del Porzio al Magliabechi
del 1704: si veda I
D
., recensione a B. C
ROCE
,
Aneddoti di varia letteratura
, Bari, 1953-
1954, in «Rassegna della letteratura italiana» LVIII (1954) 7, p. 244. Ritornando
successivamente sull’argomento, sollecitato da un saggio di Nicola Badaloni, Garin
anche qui non mancava di suggerire indicazioni utili a chi avesse voluto soddisfare il
compito di elaborare studi organici su figure minori, quali appunto il Porzio, o il
Gimma, indispensabili ad avere un’adeguata cognizione dell’intricato mondo culturale
italiano, e meridionale in particolare, tra secondo Seicento e primo Settecento, entro il
quale erano già complesse, non unilineari, le posizioni di ‘moderni’ ed ‘antichi’ in
reciproco confronto. Cfr. la nota di E. G
ARIN
,
Dei rapporti di Lucantonio Porzio
, in
GCFI
, XXXVIII (1959), pp. 423-424. Al Gimma era dedicata un’informata nota che
seguiva poco dopo, concludendo con una sollecitazione a portare attenzione alle sue
opere, le quali «nel panorama molto variato della cultura meridionale del ’700 […]
possono avere un significato non trascurabile» (I
D
.,
Giacinto Gimma
, in
GCFI
,
XXXVIII, 1959, pp. 426-427).
28
E in effetti «Tommaso Rossi, tanto lodato dal Vico, voleva abbattere Epicuro e
Spinoza […] Ma chi legga l’opera dell’ottimo Abate infulato di San Giorgio, riporta,
proprio come temeva, l’impressione che egli ‘vegna più tosto a fortificare, e conferma-
re, gli argomenti Lucreziani’» (cfr. la nota di I
D
.,
Le polemiche cartesiane
, in
GCFI
,
XXXVIII, 1959, pp. 286-288). Le parole del Rossi si leggono nella «Prefazione» della
sua opera
Dell’animo dell’uomo disputazione unica nella quale si sciolgono principal-
mente gli argomenti di Tito Lucrezio Caro contro l’immortalità
, in Venezia, 1736, ma
che ora si può leggere nella recente edizione di T. R
OSSI
,
Opere filosofiche
, a cura di A.
De Spirito, Roma, 2006: per le parole citate cfr. p. 183. Non è certamente il caso di
entrare in questa sede nel merito di particolari ipotesi, indicazioni critiche particolari
che si leggono in queste o in altre pagine delle ‘note’ gariniane.
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