ENRICONUZZO
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davvero ‘distruttivo’ del cartesianismo). L’opera di Vico «si colloca
veramente al livello di quella di Galileo e la
completa
»
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.
Si tratta di pagine nel valutare le quali (accanto ad altre analoghe) è
doveroso metodicamente tenere sempre presente che esse non si collo-
cano nel corpo di una sistematica ricostruzione del pensiero vichiano.
Tuttavia quanto finora detto attorno all’operosità gariniana in ordine a
Vico e alla cultura meridionale, entro il più ampio quadro della storia
della cultura moderna – con i preziosi apporti specifici che il libro del
1970 poi presentava, e che non è il caso di richiamare diffusamente
54
–
consente di parlare di una vera e propria peculiare ‘lettura’ del pensa-
tore napoletano.
Su questa, ma prima ancora sulla lettura della vicenda globale tra
Rinascimento, scienza moderna, illuminismo, si può già avanzare qual-
che momento di ‘giudizio’.
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Da Campanella a
Vico, cit., pp. 116-117. Vico rispondeva al «bisogno di una
nuova antropologia, capace di
completare
la nuova scienza della natura senza ridurre
tutto l’uomo a natura». Rispondendo alla sfida avanzata da Bayle in «quel capolavoro
stupendo che è la
Scienza nuova
del ’25», egli «intendeva convincere d’errore i pirro-
nisti d’ogni genere,
completando
con la nuova scienza dell’umanità e le sue immutabili
leggi la nuova scienza della natura […] Antico o moderno? Con tutto l’arcaismo di
tante sue citazioni e la inattualità di tante sue tesi, Vico, a circa un secolo di distanza,
consapevolmente
cercò di fare per il mondo delle nazioni quello che Galileo aveva ten-
tato per il mondo della natura. E deve dirsi che, nel metodo e in vasti campi di ricerca,
la sua pretesa non pare vana. L’opera sua, se ricondotta entro la sua reale prospettiva
storica, si colloca veramente al livello di quella di Galileo e la
completa
» (ivi, pp. 115-
117; il corsivo è ovviamente mio).
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Nel libro così dotto e denso di suggestioni critiche è il caso di ricordare le pagi-
ne dedicate precipuamente a Vico nei due saggi – veri e propri disegni di lavori orga-
nici offerti agli studiosi –
Per una storia della fortuna di Hobbes nel Settecento italiano
e
Per una storia dei rapporti fra Bayle e l’Italia
: in ispecie, rispettivamente, pp. 154-161
(sul tema, sul quale occorrerà tornare, degli antecedenti della teoria del «verum-
factum»), ma anche pp. 161-167 (sui critici di Vico, Damiano Romano, Germano Fe-
derico Finetti, etc. e sulla necessaria distinzione, quanto all’atteggiamento verso
Hobbes, fra il terreno gnoseologico-teologico e quello politico), e pp. 179-182 (Bayle
fu «di continuo presente a Vico», «l’idea della città degli atei […] verrebbe di dire che
suscitò la
Scienza nuova
»), ma pure pp. 182 sgg. (per le discussioni ‘bayliane’ che im-
plicarono Francesco Antonio Piro, Francesco Maria Spinelli, Antonio Genovesi,
Francesco Longano, etc.). Ma anche altri saggi sollecitavano originalmente ricerche su
tematiche ancora poco trattate: quelli pertinenti ad esempio alla storia della filosofia
tra Seicento e Settecento riguardavano un’area problematica indagata soltanto dopo
sistematicamente e fruttuosamente (ad opera del ‘gruppo padovano’ di studiosi raccol-
ti sotto la guida di Santinello in un’opera davvero rilevante).