PENSIERO E VITA CIVILE NELLA NAPOLI VICHIANA DI FINE SETTECENTO
79
Ed era anche questo il motivo che al fondo qualificava la polemica paga-
niana contro Rousseau nelle pagine dell’
Introduzione
del 1791. Impe-
gnato a mediare tra
natura
e
società
, il contrattualismo del ginevrino ne
sottolineava, consapevolmente e inconsapevolmente la profonda an-
tinomia, risolta, a suo modo, nella teorizzata eguaglianza assoluta di tutti
gli associati nel
patto
. All’autore del
Contratto sociale,
interprete infedele
della natura, Pagano opponeva la tesi che la vita sociale non annulla mai
le diseguaglianze sperimentate in natura. Già nello stato selvaggio vige
una diseguaglianza nello sviluppo delle identiche facoltà e gli uomini
sono forniti di gradi diversi di «forza individuale», «che che ne dica il
celebre autore delle cagioni dell’ineguaglianza degli uomini» (ivi, p. 16).
Qui diventava esplicito il ritorno alla lezione di Aristotele e alla sua
teoria delle «inclinazioni naturali», vero fondamento delle diseguaglian-
ze e della «servitù naturale», coerentemente contrastato da Rousseau.
Della filosofia politica dello Stagirita le pagine del 1791 elogiavano,
condividendola, la distinzione tra la giustizia «distributiva», vera giusti-
zia sociale di «proporzion geometrica» e quella «commutativa» di calco-
lo aritmetico, attiva nei rapporti commerciali (ivi, pp. 27-28 e nota). Un’
affermazione di principio sulla quale ritornerà il capitolo XVII del
Saggio V
della seconda edizione, per teorizzare le differenze tra la
libertà
civile
, «riposta nella proporzionata uguaglianza de’ dritti […], ma non
già nell’aritmetica uguaglianza di essi» e la
libertà politica
, nata dalla
«geometrica uguaglianza de’ dritti», attuabile, in linea teorica, nelle
«pure democrazie», ma di fatto irrealizzabile alla luce del concreto
esercizio della sovranità (ivi, pp. 340, 341; cfr.
Sp1
, p. 140).
Coerente con l’impostazione di tutto il suo discorso, Pagano faceva
un uso meramente descrittivo della tradizionale tipologia delle forme
di governo. Non esprimeva, cioè, alcun giudizio o criterio valutativo,
in ciò differenziandosi dal maestro Genovesi che, nell’esame del-
l’
Esprit des lois,
aveva contestato l’impostazione
sistematica
della tipo-
logia di Montesquieu
13
. La ricerca della tradizionale «ottima forma di
governo» non era condotta in base a criteri estrinseci di astratta bontà
o ad aprioristiche classificazioni. Le stesse condizioni del
regolare
go-
verno non si identificavano piattamente con le due possibili forme del-
la monarchia e della repubblica che i
Saggi politici
assumevano, atte-
13
Cfr. E.
P
II
,
Antonio Genovesi. Dalla politica economica alla «politica civile»
,
Firenze, 1984, pp. 263-266.