FABRIZIO LOMONACO
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ziali all’esercizio del diritto di proprietà. Gli stessi che Pagano non esi-
tava a far valere in un’altra variante introdotta nella seconda edizione
per confutare le tesi del pur ammirato Locke che «niuno limite all’avi-
dità degli uomini pone, dapoicché col danaro si può, secondo lui,
acquistare quanto si vuole» (ivi, p. 345, nota). L’uso illimitato e irrego-
lare della
moneta
, funzionale agli interessi della grande proprietà ter-
riera, finiva per inquinare il principio di libertà individuale ed alterare
la natura stessa dell’uomo, i nobili sentimenti di solidarietà e socialità.
Nasceva da qui l’esigenza di disciplinare gli incentivi economico-uti-
litaristici e di esaltare i caratteri della piccola proprietà nelle comunità
preromane. Coerenti con le finalità critico-riformatrici del pensiero
paganiano si rivelava, ancora una volta, l’insegnamento del maestro
Genovesi di cui l’allievo poteva condividere gli ideali di giustizia socia-
le e di spirito pubblico, opposti, nelle
Lettere accademiche
, all’«avidità,
oceano senza lidi, (che) non si può satollare che a spese di migliaia e
migliaia di persone, cui è forza restare a secco per l’altrui ingordigia»
38
.
Il delicatissimo punto di equilibrio tra diritto di proprietà e legge natu-
rale di umana solidarietà richiede la tutela della «proporzionata ugua-
glianza de’ dritti», garanzia di
libertà civile
(ivi, p. 340 e
Sp1
, p. 139),
inconciliabile con gli «stabilimenti feudali» e i «dritti proibitivi». A
proposito degli «stabilimenti feudali», già nel capitolo X del
Saggio II
della seconda edizione si introduceva un brano (assente nel corrispon-
dente capitolo XIII del 1783), per mostrare l’analogia del rapporto di
protezione goduto dagli antichi
clienti
con quello stabilito in origine
dai feudi, cioè dai beni «dati in tenuta con
bonitario
e dipendente do-
minio» (
Sp2
, p. 175)
39
. Ritornava qui la forte influenza della lezione di
Vico. Alla decisa attenuazione dei riferimenti all’esemplarità dell’eru-
dizione classica, riproposta nelle note finali di ogni
Saggio
, corrispon-
deva un approfondimento del ricorso al filosofo della
Scienza nuova
,
conseguito, però, nella direzione di quell’autonomia teorica, già riven-
38
A. G
ENOVESI
,
Lettere accademiche
, cit., p. 491.
39
Il tema conosceva importanti approfondimenti nel brano conclusivo del capitolo
X del
Saggio III
(in cui confluivano i capitoli XV-XVII della prima edizione), teso a
sottolineare (con diretto riferimento al capitolo XII del
Saggio II
sul «paragone tra’
compagnoni de’ Germani, socii de’ Greci e i cavalieri erranti degli ultimi barbari
tempi» [
Sp2
, pp. 178 sgg.], corrispondente al capitolo XV della prima edizione, in
Sp1
,
pp. 53-56) la «somiglianza» del «così fatto feudale governo de’ primi Greci» descritto
da Omero con quello retto sui «dritti di clientela», esercitati dagli eroi sulla plebe
minore e assimilabili al dominio dei «baroni della mezza età» (
Sp2
, p. 229).
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