RICCARDO CAPORALI
136
‘teoria’, che poi la
Scienza nuova
si incarica di verificare nella ‘pratica’:
una valutazione decisamente troppo riduttiva e svalutativa per l’opera
che, tra tutte quelle partorite dal «suo affannato ingegno», Vico «areb-
be voluto che sola fusse restata al mondo». Per il neoidealismo, la filo-
sofia di Vico muove lungo una ininterrotta ascensione verso il capo-
lavoro: un approccio, come s’è visto, che inquadra i libri sul diritto
nei
termini della
prova
, in attesa del futuro
compimento
. Così da rendere
giustizia all’apicalità della
Scienza nuova
, ma relegando nell’ombra del
confuso
, del
non-ancora-concluso
l’insieme delle opere precedenti.
Ora, se non è del tutto arbitrario – a dirla in modo molto grezzo e
spiccio – avvicinarsi al
Diritto universale
come alla prestazione teorica
vichiana più facilmente accostabile alla tradizione cristiano-cattolica,
questa vicinanza, questa contiguità non ne fa per altro, automatica-
mente, né il presupposto metafisico della
Scienza nuova
, né un testo
provvisorio, ‘immaturo’. Il lavoro complessivo sul diritto presenta un
impianto compiuto, soprattutto un impianto in seguito
non più ripetuto
.
Basti appena accennare a tre punti cruciali, attraverso i quali si defi-
nisce gran parte dell’architettura del
De uno
e del
De constantia
: la na-
tura e la dinamica delle forme di governo; la peculiare funzione della
storia di Roma; lo sbocco per così dire ‘escatologico’ sul quale quella
storia si orienta e conclude. Si tratta di tre pilastri fondamentali, che
risulteranno poi completamente stravolti, e via via abbandonati, pas-
sando per le varie redazioni dell’
opus maius
.
Il
Diritto universale
si presenta come un grandioso progetto metafi-
sico, come un «sistema di diritto naturale» (un «sistema di diritto
naturale delle genti», giusta l’originale, obliqua formulazione vichiana)
coerente con i princìpi della religione cattolica, in risposta alla potente
speculazione filosofico-giuridica dell’Europa riformata. Una sfida che
Vico, diversamente da quel che pensava Croce, ritiene di impostare sulla
sistematica ricongiunzione, sulla metafisica riconduzione del diritto alla
morale, e a una morale universale: tanto che, prima e più che Grozio,
l’obiettivo sembrerebbe quel Machiavelli che già nelle opere storiche,
soprattutto nella vita del Carafa, aveva proiettato non poche ombre sulle
possibilità di condurre a trasparenza le intersezioni della sapienza,
della virtù e della politica. Dopo la Caduta, in conseguenza del peccato
d’Adamo, un’immane ontologia storica del diritto riporta lentamente
l’umanità (precipitata dall’integrità nella corruzione, dalla virtù nel
peccato, dalla ragione nella forza) verso la riconquista della propria es-
senza divina-razionale. Lo Stato,
l’auctoritas civilis
, si configura in
1...,126,127,128,129,130,131,132,133,134,135 137,138,139,140,141,142,143,144,145,146,...484