ENRICONUZZO
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Si potrebbe continuare con qualche indicazione meno approssima-
tiva.
Ad esempio, sul decisivo nodo della «vis veri». Che dispone e con-
centra al più alto grado a livello umanologico l’interesse vichiano alla
‘conatività’, e la cui comprensione non pare perciò che guadagni a ri-
condurla in continuità alla metafisica cosmologica conatistica del «fa-
cere» in precedenza da Vico elaborata
27
. E che resta ancora da studiare
pure nella funzione di fattuale raccordo di ‘parti’ del
De uno
: e se e
come, e come un presupposto metafisico con difficoltà esplicato, co-
minci a reggere la parte ‘storica’ del
De uno
. Nel mentre ben più tardi
essa sarà chiamata a ispirare nella sostanza la costruzione e dimostra-
zione vichiana della compenetrazione tra vero e certo; e allora come
fondamento metafisico dovrà e potrà a sua volta essere esplicato – in
un produttivo rinvio circolare – unicamente nella forma di un discorso
di «teologia civile», il quale avrà pertanto bisogno di una scienza, e di
una epistemologia, del mondo civile: di un sapere del necessario però
già largamente costruito, con la logica del «necesse», nella
Pars
posterior
del
De constantia
Ma il discorso va qui smesso, ed il compito di lavorare sistematica-
mente sul
De uno
affidato in primo luogo a chi già ha operato su di
esso con perizia e acutezza. Innanzitutto affidato a Fabrizio Lomo-
naco, il quale su diverse delle questioni qui accennate già nell’
Introdu-
zione
a questa preziosa edizione è intervenuto con pertinenti osserva-
zioni e indicazioni. Ad esempio: sul «novum» che, rispetto a Cartesio e
Malebranche, rappresenta l’«intenzione vichiana di privilegiare il
diritto quale dialettica di idealità e realtà»; sulla nuova lettura di
Grozio; sulla «favola di Cadmo»; sul cruciale rapporto tra ontologia e
gnoseologia: dove naturalmente poi si apre di nuovo la discussione sul
religionem perpetua successione pejorum exuerint…»; CCXIX: dove l’«oportuit»
introduce appunto la sequenza delle fasi evolutive del «genus humanum» simmetrica a
quella del singolo individuo. La stessa attenzione dovrebbe ugualmente essere diretta
ai diversi punti nei quali il sapere storico viene connotato in senso ‘congetturale’.
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Anche se ovviamente non vanno sottovalutati, ma al contrario resi oggetto di
accurata esegesi, le presenze nel
De uno
di richiami ad una ‘metafisica conativa’ in
ordine alla «vis corporis», ma in effetti segnatamente alla «vis veri» della «mens»:
«conatum uni menti attribuimus», come si afferma nel cap. LXXV. Ma si veda, ad
esempio, anche il cap. XC. Il problema essenziale, a mio avviso, è di studiare quanto –
una volta deperita l’attenzione vichiana per il ‘cosmologico’ della sua precedente
metafisica ‘onto-cosmologica’ – resti di una più o meno latente ‘conatistica’ metafisica
‘onto-teologica’ proiettata sul terreno antropologico.
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