RECENSIONI
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considera gli enti matematici come
entia rationis
creati dall’uomo» (p. 84).
Qui si colloca la filosofia vichiana tra cartesianesimo e anticartesianesimo che
Martirano ricostruisce, in efficace sintesi, privilegiando le tappe fondamentali
della costruzione del principio
verum et factum convertuntur
. Parte dai testi
più ‘cartesiani’ della prima
Orazione inaugurale
(1699 con la definizione della
relazione tra anima, corpo umano e fare divino) e del
De ratione
(in cui all’ap-
plicazione di quel principio in vasti campi del sapere corrisponde lo «smon-
taggio del criterio cartesiano dell’evidenza», pp. 18, 19) con la nota opposi-
zione di
topica
a
critica
fino alle fondamentali pagine del
De antiquissima
. In
esse la scoperta delle capacità produttive della
mens
attraverso l’
ingenium
(pp. 25-26) è la definitiva messa in crisi del criterio della scienza cartesiana,
fondata sulla separazione di mente e corpo, sul fare geometrico, su quella fisi-
ca «machinata», incapace di produrre alcuna vita morale. Per questa è, in-
vece, fondamentale la tradizionale alleanza di metafisica e storia, ripensata
non a danno della vita (umana). Da qui un disegno di «metafisica del genere
umano» con ascendenze platoniche, complicate da chiare matrici ciceroniane
che indirizzano il nuovo corso di pensiero al diritto. In particolare al
Diritto
universale
che raccoglie testi scritti tra il 1712 e il 1722 e si apre con la nuova
relazione
verum-certum
, adeguata all’effettività del diritto e al tema del
factum
storicamente inteso nelle forme espressive di quella «filosofia dell’autorità»
che è comprensione del
certo
tra religione e storia senza l’ancoraggio ad
un’astratta ragione ma alle azioni regolate dallo
ius
e al problematico farsi vita
dell’idea (Capograssi). Un farsi che la «
Scienza nuova
come costruzione del
mondo umano» (p. 26) teorizza, desostanzializzando il mondo dell’uomo
sen-
za natura
a vantaggio di una filosofia della mente capace di ritrovare la verità
nelle cose, nel loro originario essere-divenire in relazione a una norma: la
«storia ideale eterna» della
scienza nuova
, incontro di filologia e filosofia, di
cose-fatti e di verità in relazione a strutture ideali della mente umana (pp. 33-
34). Tra ideale e reale, il vecchio
verum
-
factum
si trasforma nel grande dise-
gno di ricostruzione delle forme di aggregazione umana, in una strategia di
elaborazione del processo di civilizzazione e di organizzazione sociale e politi-
ca, di una
filosofia civile
(p. 29) che è uno degli interessanti motivi di collega-
mento del pensiero di Vico alla cultura europea sin dalla fine del Settecento.
Si tratta di un lungo e complicato itinerario che, passando per Hobbes, Male-
branche a Spinoza, giunge a Leibniz e segna la crisi definitiva della geometria
analitica cui si oppone la nuova «capacità simbolica»: quella modernissima
ars
inveniendi
che può definire
funzionale
la corrispondenza tra «verità di fatto»
e «verità di ragione» al problema del potere e dei limiti della conoscenza uma-
na nei diversi ambiti del sapere (pp. 100, 101). Alla luce di tale tema si presen-
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