ENRICONUZZO
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Tale nodo sta nella piena anticipazione che Garin rinveniva nella fi-
losofia rinascimentale dell’indagine scientifica moderna. Ora però lo
studioso individuava tale anticipazione segnatamente nella più tradi-
zionale movenza del fare centro, con il pathos di un eroico entusiasmo
intellettuale, sulla mente dell’uomo, sull’uomo «al cuore dell’intera na-
tura»: onde una più profonda consonanza dell’‘eroica’ metafisica car-
tesiana con questo Rinascimento
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. Di lì a non molto invece avrebbe
individuato con maggiore precisione tale anticipazione (come del resto
aveva iniziato a fare già in precedenza) nell’attitudine del pensiero ri-
nascimentale di matrice neoplatonica ermetizzante e pitagorizzante a
leggere matematicamente la natura: onde una più forte, e precisa,
eredità di quel pensiero rilevata nella metafisica galileiana del grande
libro delle natura, scritto in caratteri matematici e ‘partecipativamente’
leggibile chiaramente dalla mente umana
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. Nell’uno e nell’altro caso
Vico, il quale aveva decretato i limiti conoscitivi del soggetto umano, e
l’impossibilità di conoscere dall’interno la natura (e su quest’ultimo
punto Garin riconoscerà, più correttamente, che sarebbe stato in ef-
fetti ‘cartesiano’), era, e sarebbe stato, allontanato considerevolmente
da quel Rinascimento neoplatonico al quale da una lunga tradizione
interpretativa era stato marcatamente ricondotto.
Conseguente a quanto detto era la trattazione del secondo punto,
vale a dire dell’accoglienza e delle vicende del pensiero cartesiano in
Italia, e specialmente negli ambienti della cultura meridionale. «Non
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«La filosofia del Rinascimento aveva talmente anticipato l’indagine scientifica,
che Bruno e Campanella salutano in Copernico e Galileo solo gli sperimentatori e i
matematici che confermano e dimostrano le ipotesi e le intuizioni del pensiero filoso-
fico» […] Quello a cui bisogna guardare è il rinnovamento compiuto dai filosofi che
prepararono il clima mentale per le indagini e le ipotesi nuove». Anche ad accogliere
con misura il linguaggio del mutamento dei ‘paradigmi’, resta l’impressione che pre-
sentasse dei rischi l’‘amore per la connessione’ esercitato sul piano storiografico, in tal
caso spingendo a sottacere gli scarti teorici propri dell’abbandono del microcosmo
realizzato dalla scienza moderna. «Basta che leggiamo le pagine di Ficino sul Sole, tutti
slanci mistici, e noi troviamo che la sua centralità è ormai vissuta e scontata; che
psicologicamente siamo non solo nel clima dell’eliocentrismo, ma in quello della
riduzione matematica della scienza della natura» (ivi, pp. 393-394).
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Invece il saggio del 1950 sottolineava in modo vibrante che era il far centro sulla
«filosofia dell’uomo» ciò che dava luogo alla ben maggiore ampiezza della metafisica
cartesiana. «Il tentativo di inserire la ricchezza della nuova scienza della natura sul
piano della filosofia dell’uomo dette a Cartesio quell’ampia prospettiva metafisica che
mancò a Galileo» (ivi, p. 394).
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