RECENSIONI
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facoltà grazie alla quale l’anima passa all’atto della visione. Stile nota che nel
cap. VII del
De antiquissima,
dedicato alle «Facoltà», Vico «riprendeva il pas-
so aristotelico del
De anima
in cui il corpo era considerato strumento per la
realizzazione dell’anima. […]. Tanto in Aristotele quanto in Vico assistiamo a
un superamento del platonismo, nel senso che l’anima – ma nel caso di Vico
la
mens/animus –
guarda alla trascendenza ma si lega fortemente alla natura
complessiva dell’uomo» (p. 223).
Le acquisizioni del
De antiquissima
sui rapporti tra corpo,
mens
e
animus
si realizzano nella
Scienza nuova
dove «un
animus
che realizza le possibilità
del corpo e della mente nella corposa razionalità del mondo delle nazioni
contempla ‘nelle divine idee’ questo stesso mondo ‘per tutta la distesa de’ loro
luoghi, tempi e varietà’» (p. 233).
Di particolare interesse il saggio di Marco Veneziani su
Le scienze fisiche e
meccaniche in Vico
(pp. 235-253). Si tratta di un’analisi riguardante, in parti-
colare, il Vico fra il
De ratione
e il
De antiquissima
. A conferma della nota 27,
p. 249 di Veneziani, va detto che Vincenzo Placella in un suo libro del 1979
(
Dalla «cortesia» alla «discoverta del vero Omero»
) ha dimostrato che il recen-
sore del
De antiquissima
nel «Giornale de’ Letterati d’Italia» è effettivamente
Bernardo Trevisano.
Apre la seconda sezione, non a caso, un’altra ‘punta’ del Convegno. Giu-
seppe Cacciatore, con il suo importante
saggio su
Vico: i saperi poetici
(pp.
257-267)
,
mette a fuoco il punto centrale della ‘discoverta’ del Vico: quello
della sapienza ‘poetica’, elemento che costituisce un abissale salto di qualità
rispetto a tutta la storia della filosofia precedente, vicina e lontana. Basti pen-
sare al vicinissimo Gravina dal quale Vico si distacca anni-luce nella conce-
zione di Omero, della nascita della poesia e dell’essenza della stessa. Nulla
nella storia del pensiero umano può trovarsi come vero antecedente di questa
‘scienza nuova’. Nessun pensatore, né Platone, né Aristotele né Tommaso
d’Aquino aveva compiuto mai lo sforzo immane di cercare di penetrare nella
mentalità primitiva, mettendo da parte le categorie mentali dell’uomo incivili-
to. Così tutto il mondo, teorico e pratico, dell’età che Vico denomina ‘poetica’
si dischiude con caratteristiche proprie ed inedite: la concezione del mondo,
la logica, la politica, il mito, la poesia, non più vista, come ancora nel pur
grande Gravina, come una operazione sostanzialmente razionale di travesti-
mento di concetti, di insegnamenti, con immagini di valenza allegorica, ma
come un irriflesso raccontare la storia, il certo, con l’aiuto di una fantasia ro-
busta come non lo sarebbe stata in seguito e affatto scevra da calcoli razionali.
Cacciatore ripercorre all’indietro il cammino di Vico alla ricerca di una
definizione della sapienza o, meglio, della definizione delle caratteristiche dei
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