GLI STUDI VICHIANI DI EUGENIO GARIN
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che, si è visto, nella
connessione
dell’uomo con Dio «intuiva la giustifi-
cazione di una
parentela
profonda con tutta la natura» e quindi una
sottintesa «fede» in tutte le possibilità umane
22
.
Sono espressioni eloquenti, le quali, con altre consimili incontrate,
attestano non soltanto di un episodio ragguardevole, e peculiare, della
riflessione storiografica di Garin assieme su Descartes e Vico (i quali
con più di un tratto mutato appariranno sullo scenario storiografico
gariniano), ma, di più, di un momento significativo della sua medita-
zione, nel quale le venature spiritualistico-idealistiche del suo umanesi-
mo paiono non trascurabili
23
. Ma quelle espressioni attestano anche di
qualcosa di più profondo, mi pare.
Sullo sfondo, mi pare, stava un atteggiamento non passeggero, ma,
pur non statico, ‘di lunga durata’, centrato sull’
‘
umanità integrale
’
, e
quindi pure di critica umanistica alla scienza senza l’uomo, allo scienti-
smo, al meccanicismo
24
. Esso qui si esprime in una valutazione ‘tesa’,
e trasforma il mondo, e fa dell’uomo, ancora una volta, un
creatore
, o almeno un
concreatore
della natura» (ivi, pp. 402-403); il corsivo è mio, ma qui riproduce lo
‘spaziato’ dei caratteri che nel dettato di Garin hanno un loro senso, come sapeva bene
l’autore (e se ne sarebbe ben ricordato nel considerare i criteri di un’edizione critica
nella discussione sul progetto di edizione delle opere di Vico).
22
Ivi, p. 403.
23
Si veda quanto afferma Garin a proposito della «feconda polemica» di Vincenzo
Gioberti, «così avverso al soggettivismo cartesiano e così grande ammiratore di Vico»,
il quale coglieva «il senso dell’atto creatore della mente proprio nella sua partecipa-
zione [e qui Garin adotta un’eloquente spaziatura dei caratteri] all’atto divino […] Ma
con ciò quel fiero anticartesiano […] proprio lui veniva a rispondere alla più profonda
istanza cartesiana che nella suprema contrazione dell’
io
aveva voluto ritrovar Dio, e
solo attraverso Dio le cose» (
ibid
.).
Il lettore si tranquillizzi (se può…). Non è certo il caso di seguire anche la tratta-
zione di Descartes da parte di Garin, oltre quella di Vico, già oggetto qui di una così
prolungata ricostruzione storiografica. Sarà sufficiente richiamare il cambiamento di
‘tono’, se non altro, che caratterizza la preziosa quanto robusta sezione introduttiva a
C
ARTESIO
,
Opere
, Bari, 1967: si veda E. G
ARIN
,
La vita e le opere di Cartesio. Nota
biobliografica
, pp. V-CCXI. Ma una citazione è forse opportuna: «L’‘esatto significato’
di Cartesio, la sua fecondità, la sua forza non esaurita, la sua presenza, sono proba-
bilmente nella direzione indicata da Leibniz. Nulla è tanto pericoloso, di fronte a Car-
tesio, quanto la formula unitaria, la riduzione ad un denominatore semplificante» (ivi,
p. CLXXXIV).
24
Non a caso questo scritto del 1950 si chiude con il riferimento all’«umanità inte-
grale che il Rinascimento italiano aveva affermato con tanto vigore» (e le cui dimen-
sioni «la concezione cartesiana della centralità dell’uomo», pur ‘estenuandone’ le di-
mensioni, aveva riaffermato nella sostanza):
Cartesio e l’Italia
, cit., p. 405.