AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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redazioni della
Scienza nuova
, citate tutte
nelle edizioni curate da Nicolini, viene
quindi ricostruita la peculiarità e l’origi-
nalità della proposta vichiana, e messa a
confronto con la riflessione anteriore e
contemporanea sull’allegoria.
[M. R.]
24. R
ATHAUS
Ariel,
Problemi stilistici
e terminologici nelle versioni ebraiche del
Decamerone
e della
Scienza nuova, in
Il
viaggio della traduzione. Atti del con-
vegno di Firenze, 13-16 giugno 2006
, a
cura di M. G. Profeti, Firenze, Firenze
U. P., 2006, pp. 289-297.
Primo traduttore della
Scienza nuova
in ebraico, in un breve ma denso saggio,
Ariel Rathaus si sofferma su alcuni
problemi di natura stilistica e terminolo-
gica affrontati nel tradurre capolavori let-
terari e filosofici come il
Decamerone
e la
Scienza nuova
in una lingua semitica
estranea, per struttura e processi di svi-
luppo, alle lingue indoeuropee. La so-
stanziale identità tra la lingua della Bib-
bia e l’ebraico moderno fa sì che essa sia
una lingua «anacronistica, arcaica, dalle
strutture grammaticali e sintattiche ele-
mentari e dal lessico limitato» (p. 289),
anche se la lingua parlata oggi da diverse
milioni di persone ha subito fenomeni
carsici, legati alle sorti del popolo
d’Israele nel corso della sua tormentata
storia, che l’hanno arricchita di apporti
esterni, dall’yiddish al russo, al tedesco e
infine all’inglese. Per sua intriseca natura,
quindi, l’ebraico, con le sue carenze les-
sicali, grammaticali e sintattiche, meglio
di altre lingue si presta a cogliere un li-
vello di poeticità difficilmente raggiungi-
bile da lingue più ricche e articolate. Te-
si, quest’ultima, come ricorda l’A., soste-
nuta da Leopardi e prima ancora da Vi-
co, che aveva attribuito alle lingue primi-
tive una natura poetica. In questa pro-
spettiva è ben chiaro all’A. il rischio di
«una eccessiva sintecità e semplificazio-
ne», se non di vera e propria riduzione
delle ricchezza del testo originale, in parti-
colare quando si affrontano i capolavori
della letteratura europea (p. 291). Cosic-
ché, mentre nel caso del
Decamenone
il
traduttore si è confrontato soprattutto con
il problema stilistico di rendere fruibile, in
una lingua culturalmente oltre che lingui-
sticamente distante, la ricchezza letteraria
scaturita dalla commistione di generi lette-
rari, colto-aristocratico e popolare, di mol-
te delle novelle del Boccaccio, rispetto al
capolavoro vichiano per molte parole-chia-
ve ha dovuto affrontare un lessico d’ori-
gine greco-latino con termini – soprattutto
quelli di natura giuridico-politico – assenti
nella lingua ebraica.
[R. M.]
25.
R
OSSI
Roberto,
L’eterogenesi dei
fini: Vico e Hegel
, in «Filosofia oggi»
XXVIII (2005) 110-111, pp. 257-269.
L’A. mette a confronto le due diverse
concezioni della storia espresse da Vico e
da Hegel, mostrando come in esse l’intento
condiviso – pur a distanza di tempo e di
luogo – di individuare il soggetto dell’acca-
dere storico, conduca a posizioni teoretiche
divergenti: l’una caratterizzata dalla chiara
affermazione della trascendenza del divino,
l’altra, al contrario, dall’altrettanto chiara
assunzione della sua immanenza.
Il
verum-factum
, eletto come criterio
della certezza già nel
De ratione
e poi
distesamente esposto nel
De antiquissi-
ma
, in cui, per contrapposizione, alla di-
vinità viene attribuito il possesso del ve-
ro, consente a Vico – secondo l’A. – di
circoscrivere e distinguere l’ambito e i
1...,222,223,224,225,226,227,228,229,230,231 233,234,235,236,237,238,239,240,241,242,...484