GLI STUDI VICHIANI DI EUGENIO GARIN
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Una simile storia si collocava comunque entro una questione pro-
blematica più ampia, essenziale, che si presentava in tante delle forme
della tanto complessa configurazione della ‘modernità’ nella cultura
meridionale tra Seicento e Settecento: come – si è intravisto – nelle for-
me della regressiva ‘rinascita ficiniana’ del Doria divenuto aspramente
antimoderno, o del ripresentarsi di uno ‘schema’ attivo nel Quattro-
cento nell’effettuale produzione di un dichiarato ‘antimoderno’ come
Tommaso Rossi, o, ancora, nelle svariate forme di presenze di tematiche
e idee ‘rinascimentali’ in tanti autori schierati tra i ‘moderni’, per non
parlare di Vico. Si trattava della questione dei rapporti tra Rinascimento
e Vico e il suo tempo. Su essa si verrà di qui a poco: non prima di avere
però portato l’attenzione su alcune interessanti pagine dedicate a Vico
nel bel lavoro del 1957 su
L’educazione in Europa. 1400-1600
.
Si tratta di un libro centrato su di una concezione non chiusa, ma
partecipata, diffusiva (non ‘pedante’), del sapere, che consentiva al suo
autore di riprendere, potenziare, estendere la veduta di Hazard circa «i
numerosi rapporti che saldano al Rinascimento» e la «cultura tra la
fine del Seicento e il principio del Settecento», «quel momento così
importante nella storia della coscienza europea»: nelle parole dell’au-
tore de
La crise de la conscience européenne
un vero e proprio «secon-
do Rinascimento», se si pensa al riproporsi in primo luogo di una me-
desima fiducia nell’umano, non più subordinato al divino
32
.
In questo tragitto, tra i ‘moderni’ che riproponevano l’atteggiamen-
to non superstizioso verso gli ‘antichi’, Vico meritava non soltanto di
essere associato ad autori come Toland, ma di essere considerato tra di
essi per più aspetti «il più rivoluzionario»
33
.
Se dell’«ispirazione umanistica» Vico riproponeva «l’amore del
mondo antico e delle sue favole, l’accento posto sul momento estetico,
cazione del
Discours de la Méthode
e degli
Essais
, a cura di G. Belgioioso, G. Cimino,
P. Costabel, G. Papuli, Roma, 1990, pp. 13-14).
32
«E Paul Hazard mostrava anche come non si trattasse di una somiglianza vaga, o
di una discutibile ipotesi interpretativa, ma di un rapporto preciso, e ben documen-
tabile» (I
D
.,
L’educazione in Europa 1400-1600
, Bari, 1957, che però cito dall’edizione
laterziana del 1976: p. 261).
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Tra i «moderni del ’700», così «Toland poteva intonare i suoi inni a Platone e a
Cicerone; e Vico, in apparenza così arcaico, così antico, accano a Platone poteva met-
tere, fra i suoi ‘autori’, proprio il filosofo dell’
Enciclopedia
, Bacone, e nella polemica
omerica, storicizzando il ‘vero Omero’, poteva apparire il più rivoluzionario dei mo-
derni», portando «a lucido compimento il concetto di progresso avanzato dai mo-
derni» (ivi, p. 266).
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