gno a mettere alla prova il sicuro significato ‘universalistico’ del suo
impianto teorico. Questo era fondato sul rovesciamento alla radice
delle «borie» di nazioni intese a rivendicare lontanissime antichità sa-
pienziali (ed innanzitutto di quelle, come l’egizia, la greca, la stessa ro-
mana, viventi attorno ad un mare presentato viceversa come agli inizi
spoglio di vita umana o abitato a lungo da genti barbare): onde una
nuova concezione del ‘barbarico primigenio’, per così dire. Un tale
impianto era poi diretto a sostenere la veduta che ogni nazione, se non
distolta dal seguire l’ordinario «corso di cose umane», ha in sé la forza
di procedere verso l’affermazione piena di una comune umanità: onde
anche una considerazione del ‘barbarico presente’ lontana da suggestio-
ni preilluministiche e illuministiche del ‘buon selvaggio’, ma nella sua
sostanza profondamente aperta ad un universalismo più forte di quello
circolante in tanto cosmopolitismo illuministico (magari in effettuale
contrasto, tante volte rilevato, con un’essenzale prospettiva eurocentri-
ca). D’altra parte ciò non significa che quell’impianto non convivesse
con i riconoscimenti che negli apici dei «tempi umani» una «compiuta
umanità» aveva trovato il massimo delle sue espressioni nell’Occidente
romano (e mediterraneo) o nell’«Europa cristiana» (ormai sempre più
non avente al suo centro l’antico «mare internum»)
10
.
Quest’ultimo punto (Vico sapeva bene che le vie dei traffici, dell’isti-
tuzione delle moderne colonie, da tempo erano diventate quelle oceani-
che controllate dai paesi ‘atlantici’), e più in genere il tema del mobile ma-
re (sul quale continuerebbero a non avventurarsi gli uomini, dal momen-
to che sul piano generalmente antropologico, essi sono restii «ad abban-
donar affatto le propie terre», secondo le espressioni di una nota «degni-
tà») rinvia ad un ultimo nodo. Esso investe le più remote disposizioni del
pensiero vichiano, la sua attitudine alla piena accettazione o meno della
sostanza ‘dinamica’ della ‘modernità’: problema che, se non si rischiasse
banalizzazioni, potrebbe essere posto anche nei termini della domanda se
Vico sia in ultimo portatore di un ‘pensiero della terra’ o del ‘mare’.
Anche su ciò dirò qualcosa in questa sede. Ma un principio di misu-
ra (o di non eccessiva dismisura…) che questo contributo ha da rispet-
SPAZI E TEMPI DEL MEDITERRANEO NELLA STORIA VICHIANA DELLA CIVILTÀ
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10
Su tali tematiche rimando, tra i miei lavori, a
Figuras de la barbarie. Lugares y
tiempos de la barbarie en Vico
, in «Cuadernos sobre Vico» XV-XVI (2003), pp. 151-
162;
Cittadini della storia. La «gran città del gener’umano» in Giambattista Vico
, in
L’idea di cosmopolitismo. Circolazione e metamorfosi
, a cura di L. Bianchi, Napoli, 2002,
pp. 71-89, saggio riproposto poi, in una stesura rielaborata, nel cit. volume
Tra religio-
ne e prudenza
, pp. 297-316.