l’istituto delle «clientele». Si ha così un’umanità che non ha dovuto pas-
sare (e continua a non passare ancora ai tempi di Vico…) per il feuda-
lesimo, per il «foedus inequale» della divisione tra «optimi» e «plebs».
Cosicché in Oriente non vi fu nessun bisogno della «lex agraria», dalla
quale viceversa «clientelae apud occidentales ortae sunt»
37
.
Ritornando al tema della propagazione dei popoli, da tale condizione
‘scitica’ di libertà ed uguaglianza nascono poi diverse discendenze ed
aperture di possibilità, sviluppi: una in Occidente, in Europa (secondo
una direttrice che sembrerebbe articolata in due linee) ed una in Oriente:
l’una contrassegnata dalla «fortitudo», l’altra dalla mitezza e dall’amore
per l’«aequitas», e aperta allo sviluppo delle lettere (è questo secondo
caso quello dei seri e dei cinesi). «Scythia fortissimarum gentium mater
in Occidentem, mitissimarum et aequissimarum in Orientem»
38
.
Ebbene, tale diversità di processi di sviluppo trova la sua ragione nel
clima. «Quapropter e Scythia gentes fortissimae prodiere, primum
thraces, germani parthi; deinde
in asperam Europam
vandali, hunni,
gotthi, heruli, longobardi, turcae aliaeque barbarae nationes;
in mollem
Asiam
provenere Seres, mitissimi et aequi amantissimi homines»
39
.
In effetti le differenze climatiche – tra le polarità del «molle» e
dell’«aspro» – appaiono segnare le caratteristiche dei grandi ceppi della
discendenza scitica. Infatti la fonte scitica della propagazione del gene-
re umano a sua volta ha una doppia diramazione, che tende però ad ar-
ticolarsi in una triplice discendenza. Così in Europa, «in «Occiden-
te[m]», si ha la discendenza delle «gentes fortissimae», e «in Orien-
te[m]», «in molle[m] Asia[m]» quella, si è visto, di «mitissimi et aequi
amantissimi homines» come i «Seres». Ma nell’Occidente si profila poi
un’articolazione che duplica e differenzia la «fortitudo» barbarica.
Perché prima «prodiere» nazioni ugualmente fortissime («thraces, ger-
mani, parthi») tra le quali però v’erano anche alcune di quelle progeni-
trici di una tendenza (germanica) alla libertà poi confluita nell’Europa
cristiana. Viceversa «in
asperam
Europam» – un’Europa più lontana ed
ancora più aspra di quella nordica, parrebbe – si manifestarono «bar-
barae nationes» come «hunni, gotthi, heruli, longobardi, turcae».
SPAZI E TEMPI DEL MEDITERRANEO NELLA STORIA VICHIANA DELLA CIVILTÀ
31
37
Ivi, II, XVII [8-9], p. 501. Per i successivi sviluppi delle vedute vichiane sugli
Sciti rinvio al mio saggio appena richiamato.
38
Ivi, XVII [10], p. 501; il corsivo è mio; non si capisce perché la traduzione di
Sandro Barbera renda quella espressione con «genti miti e pazientissime» (p. 500).
39
Ibid.
(l’uso del corsivo è mio).