Così nella storia delle pratiche, arti, scienze umane, appartiene al-
l’ordine delle ragioni inoppugnabili, delle «invictae rationes», che –
dopo lo sviluppo di «pecuaria», «rustica», «venatio» – si sia affacciata
ed evoluta tardi (con gli Egizi, i Fenici, i Cretesi) la «res navalis et nau-
tica»: senza cui il «mare internum» evidentemente sarebbe rimasto una
pura minacciosa distesa invalicabile, insuscettibile di «civilis vita». Ed
è, si badi, proprio tale considerazione del conseguimento necessaria-
mente laborioso e tardo di arti avanzate come la «navalis» e la «nauti-
ca» a costituire l’argomento essenziale per respingere alla radice – nel
capitolo I della
Pars posterior
del
De constantia
(intitolato «Nova scien-
tia tentatur»…) – le ricostruzioni consuete («criticorum omnium»)
della storia di popoli come il «graecum genus». Con queste infatti
assurdamente Orfeo veniva posto «inter argonautas» e veniva anticipa-
ta l’«aetas» di Teseo:
42
«Theseus […] poeticus» da intendersi invece –
si vedrà – come «carattere» di quei patrizi, di quei «plures […] incly-
ti qui Athenas […] fundarunt» e quindi furono presi, conquistati, «glo-
ria rei et militiae navalis»
43
.
Secondo un principio di ordine antropologico-psicologico avanza-
to in una trattazione pur ancora disorganica della materia, infatti è
necessario («et necesse quoque est») che gli uomini si siano affacciati
tardi sulle terre marittime («maritima»), dal momento che le «primae
gentes» (delle quali è appunto figura Orfeo) soggiacevano ad una sorta
di religioso sgomento alla vista del mare («spectandi maris religio»),
nutrito peraltro del profondo timore sollevato dall’esperienza recente
del diluvio («ex gravi recenti adhuc Diluvii metu»), ed in particolare
presso gli Assiri dal fatto che essi non sopportano di vedere calare in
mare il sole per loro oggetto di culto («assyrii, qui deum putabant, ne
solem viderent occidere»)
44
.
ENRICO NUZZO
34
42
De const.
, II, I [11], p. 393. Nella tr. it. del passo (p. 392): «coloro poi che met-
tono Orfeo tra gli argonauti, vedano allora di persuadersi anche del fatto che la stirpe
greca pervenne così rapidamente dal primitivo stato di ferinità (Orfeo con la sua lira
addomesticava le fiere) a un così alto grado di vita civile («in tantum civilis vitae cul-
tum») da poter imparare talmente bene l’arte nautica e navale e i lunghissimi itinerari
dell’Egeo e del Pontico fino alla Colchide»: come se, «una hominum aetate» avessero
potuto elevarsi da una condizione di vita ferina a quella di potere sgominare «terra
marique bello opulentissimum Asiae regnum».
43
Ivi, II, XXIX [8, 11], pp. 393, 653-655.
44
Ivi, II, XVII [20], p. 505.
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