che fa «certi» i figli; confusione nel marcire dei cadaveri in una terra
non sottoposta alla delimitazione dei «certi» spazi sacri delle «sepoltu-
re»; confusione nell’assoluta omologazione di spazi che non conosco-
no, attraverso i culti religiosi, la «certa» presenza del divino, il «sacro»,
nei cieli in cui rinvenire gli auspici o nelle terre appunto consacrate.
Ed ecco, allora, non episodicamente fondato, anche il principio
antropologico della sgomenta «maris religio». Si tratta però di un prin-
cipio che riassume i larghi sedimenti di una vicenda storica, e quindi si
situa entro i tracciati di un’inedita ‘antropologia storica’, condividen-
done i caratteri della plastiticità, della dinamicità. Ne consegue che un
tale principio è ad un tempo costitutivo e mobile, che non conclude ad
un ‘principio della terra’ (o dello stesso ‘mare clausum’): che la paura
dell’elemento, il mare, che in sé trattiene i tratti del mobile, dell’incer-
to, dell’illimitato (dell’orizzontale illimitato…), in quanto appunto
«
vetus
maris religio»
47
, non incomberà persistendo nel fermare scambi
di beni e di culture quando nei «tempi umani» i popoli avranno van-
taggiosamente superato il costume della «inhospitalitas» delle prime
genti, la pratica di restare serrati nei propri confini, e tanto più (sia pure
per la spinta del desiderio di guadagno) di non avventurarsi per le mo-
bili insidie dei mari
48
.
In particolare nelle
Dissertationes
– in pagine sulle quali si verrà più
avanti – Vico sentì il bisogno di cominciare a sistemare meglio tale ma-
teria, trattando contiguamente dei temi del ‘nascondimento’, dell’‘ino-
spitalità delle prime genti’, della lunga iniziale inabitabilità delle regio-
ni marittine, dell’installazione, «deduzione», delle colonie marine
49
.
Per lunghissimo tempo gli spazi dell’umanità, della civiltà, sono
dunque spazi nascosti (ed elevati): «condere» e «abscondere», fondare
e nascondere sono uniti in un nesso strettissimo (e perfino nei tempi
umani ultimi sfolgoranti delle conquiste civili assicurate dalle grandi
ENRICO NUZZO
36
47
Dissertationes
, VII, p. 873.
48
Una sequenza interessante di una simile ‘antropologia del mare’ è rappresentata
dalle conseguenze che ha la visione del «mare interminato» agli occhi delle ingenue
genti che ebbero con esso contatto. Sulla base dei «nuovi princìpi storici della geogra-
fia» stabiliti da Vico si potrà affermare che per esse «il primo Oceano fu ogni mare
interminato agli occhi, onde si può vedere la notte sempre sul mare la Cinosura», l’Orsa
minore (
Sn25
, § 221, p. 1088).
49
Vico dichiara egli stesso di essere tornato «super hoc argumento de primis coloniis»
in quanto «non […] plane» soddisfatto dei risultati raggiunti, e quindi indotto a medita-
re più profondamente («altius») sulla loro origine (
Dissertationes
, VII [10], p. 877).