assunta, attraverso i «Seres», «mitissimi et aequi amantissimi homines»,
nell’oriente estremo dai «Sinenses»
52
.
Resta che la pratica dell’«inhospitalitas» ha una sua evidente valen-
za di intrinseca conflittualità, chiaramente espressa nella forma del ri-
fiuto e della depredazione dello straniero. In tal senso essa era comu-
ne anche ai Latini, nella cui lingua non a caso «hostis» significa lo stra-
niero («externus») o il viaggiatore («peregrinus»)
53
. Ed a causa delle
implicazioni predatorie di tale costume fu denominata nell’antichità
«
Barbariéa
», «Barbaria», tutta la regione marittima posta tra i confini
dell’Egitto e Rapta, la «regio trogloditica, summe inhospitalis». Così
come è da ritenersi che per lo stesso motivo sia stata chiamata in tal mo-
do la Barbaria dei tempi di Vico («praesens Barbaria»), cioè l’insieme
dei paesi dell’Africa affacciati sul Mediterraneo («mediterranea Africae
ora») usi costantemente a depredare quelli cristiani europei
54
. Il che ci
introduce ad un punto sul quale in questa sede non si avrà modo di sof-
fermarsi, vale a dire l’atteggiamento vichiano nei confronti dei rappor-
ti tra i paesi e le religioni del Mediterraneo del suo tempo (in effetti con
la potenza turca)
55
.
Comunque, l’ordine logico di sequenze di sviluppo della «humani-
tas», entro il quale si collocano l’originario insediarsi dei primi polife-
ENRICO NUZZO
38
52
Il nesso fra sciti, seri e cinesi confermato in una pagina delle
Dissertationes
(VI
[1], pp. 869, 871) – in cui si parla anche dell’inospitalità, ancora ai tempi di Vico, «inter
Moschos» – viene posto nel
De constantia
, come si è su accennato. In proposito si è
detto come fosse il ricorso ad un apparato concettuale relativo alle ragioni materiali (e
quindi anche ‘geografico-ambientali’) dei fenomeni a spiegare il tanto peculiare ‘caso
scitico’ (di uguaglianza economico-sociale, libertà, addirittura sottrazione al ‘modello
occidentale’ delle clientele), e fosse il ricorso alla peculiare tradizione di ‘discorso geo-
grafico’ delle teorie climatiche a spiegare invece le ragioni dei tanto diversi caratteri dei
popoli occidentali od orientali discendenti dagli sciti.
53
VI [4], p. 871.
54
Ivi, VI [2, 7], p. 871.
55
Un atteggiamento – si può qui accennare – che assume le lacerazioni conflittuali
presenti nel bacino mediterraneo, più in genere tra le potenze occidentali e quella
turca, ma tende poi pure a prospettarne esiti non drammatici, se non altro ricono-
scendo ai turchi (come ai persiani) una forte disposizione, proveniente dalla «mollezza
dell’Asia, da essi signoreggiata», a temperare le influenze della «rozza dottrina della
loro religione», e, ancor più, immettendo comunque anch’essi in un processo di conse-
guimento di forme alte di «umanità»: per le espressioni citate cfr.
Sn44,
§ 1091, p. 955.
Sul punto – si può osservare di sfuggita – la stesura del 1730 parlava non di «rozza dot-
trina», ma di «
fierezza della loro Religione
», appunto opposta alla addolcente «mollezza
dell’Asia» (
Sn30
, p. 368).