In connessione con tale «mythologia» può essere letta quella della
rete di Vulcano («de Vulcani rete») che segue di lì a poco (e sarà an-
ch’essa ripresa, ma cambiata di significato, nell’‘ultimo Vico’). I protago-
nisti di questa «historia», «Marte nudo» che giace sotto la superficie del
mare con Venere, e che viene tratto da esso con la rete da Vulcano (un
«Vulcano eroico») ed esposto al ludibrio degli dèi, vengono interpretati
da Vico, nell’ordine come i «patricii degeneres» che si congiungono
«cum plebeiorum uxoribus» (appunto Marte e Venere) i quali sono cat-
turati «optimatibus, qui nuptiarum sacra custodiunt» (appunto
Vulcano)
62
. Il che farebbe intendere che Vico abbia rappresentato che
l’esperienza dei connubi tra patrizi e le vili donne dei plebei senza auspi-
ci venuti dal mare, che avebbe portato alle genti minori, non avvenne
senza fiere resistenze, dure repressioni, nel campo stesso dei patrizi.
Nel di poco successivo «caput XXIX», dal significativo titolo di
«Theseus fabulis vindicatus», Vico passava all’interpretazione di ulte-
riori figure mitiche. Siamo ancora nella «quarta epocha temporis
obscuri», contrassegnata dalla intravista ricostituzione delle «respubli-
cae optimatium», o dalla loro trasformazione in «regna mera» o disso-
luzione in «populare imperium»)
63
.
SPAZI E TEMPI DEL MEDITERRANEO NELLA STORIA VICHIANA DELLA CIVILTÀ
41
danno sul mare, rivierasche («terrarum ad mare accolis»), atterriti dalle rapine delle
prime genti, secondo l’interpretazione di «Neptunus» (dio della «potentia maris» dalla
quale quelle sgorgarono) ancora secondo i princìpi «De diis maiorum gentium mytho-
logia» (II, XXIII [20], p. 623).
62
Ivi, II, XXVII [32], p. 645. Non molto chiaro perché gli dèi al cui scherno «Mars
nudus» è esposto siano i «capti et enecti», i «catturati e fatti morire» (ancora più azzar-
data è poi la connessa ipotesi interpretativa dell’origine dei ludi gladiatori che si dà nel
passo successivo). Diversa è l’interpretazione della «favola», e del tutta conveniente quel-
la degli dèi, che offre l’‘ultimo Vico’, già a partire dalla prima
Scienza nuova
. «Delle colo-
nie marittime è la favola della rete, con la quale Vulcano eroico strascina da mare Venere
e Marte plebei», nudi perché «non vestiti della luce civile», e gli dèi che «ne fanno scher-
no» sono «i nobili dell’eroiche città» (
Sn44
, § 560, p. 683; poi anche § 579, p. 693). Ma
si veda già
Sn25
, § 465, pp. 1200-1201. Non tralascia il tema M
ARTÍNEZ
B
ISBAL
,
op. cit.
,
pp. 70, 72. Per la chiara distinzione già nel
Diritto universale
tra il Vulcano «character
heroum», in quanto «invenit ignem», e quello invece «character plebeiorum», in quanto
«artes fabriles exercet domi», cfr.
Dissertationes
, XIII, [19], p. 911.
63
Anche a conferma della non linearità della trattazione vichiana della materia, e
delle correlative difficoltà di ricostruirla, è utile rammentare che – come si è potuto
intravedere – i fenomeni del tenersi lontani dal mare dei primi uomini e poi delle suc-
cessive prime trasmigrazioni marittime avvengono nel
Diritto universale
entro un qua-
dro di scansioni cronologiche diverso da quello poi offerto nelle stesure della
Scienza
nuova
. Così il fenomeno delle trasmigrazioni marittime – che complessivamente nelle