Ebbene, in tale epoca la nuova ermeneutica delle «fabulae» del
Minotauro (e dello stesso già incontrato Minosse), di Dedalo, Teseo e
Arianna, Perseo, investiva decisivamente fasi successive di sviluppo dei
rapporti dell’umanità con il mare, segnatamente quello mediterraneo.
Dedalo ad un tempo è la «vis ingenii», emblematicamente oggetti-
vatasi nella costruzione della nave, è «ipsa navis», «et sic Labyrinthi,
hoc est navigationis, inventor»
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.
Teseo, che è – si è visto sopra – carattere poetico degli «inclyti» i
quali fondarono Atene, rappresenta anche la fase nella quale i «patres
athenienses» furono conquistati da Arianna figlia di Minosse, cioè dalla
«gloria dell’arte e della milizia navale», arti che tra i Greci («iis genti-
bus») erano nate «inter cretenses», a causa dell’essere questi «ingenio-
sissimos», ma anche «insulanos» (sul che si tornerà tra poco). Ancora –
secondo questa strategia di interpretazione dei miti che li considera
prodotti umani assolutamente inintenzionali, ma ‘positivamente’ (‘posi-
tivisticamente’ verrebbe di dire) espressivi di precisi fenomeni storici –
l’«Ariadnae filus» che consente di uscire dal Labirinto non è altro che
il «cursu[s] navali[s] certa arte duct[us]» con il quale ‘Teseo’ sbocca
ENRICO NUZZO
42
versioni della
Scienza nuova
appare non prima della fine dell’«età degli dèi» (contri-
buendo a definire il passaggio all’«età degli eroi», nella quale pienamente si colloca) –
nella divisione in cinque «epochae» del «tempus obscurum» (scandito successivamen-
te appunto nell’«età degli dèi» e dell’«età degli uomini») che si dà nel
De constantia
sembra collocarsi non prima della «tertia epocha», e piuttosto nella «quarta». Infatti
nella «secunda epocha temporis obscuri» si danno piuttosto l’origine degli asili, l’esten-
sione dell’esercizio del potere teocratico dei padri sulle clientele, l’imposizione della
«prima lex agraria», e l’inizio dell’attribuzione agli eroi dell’autorità divina («theocra-
tia patrum potestas clientelis aucta, et auctoritas dIvina ex parte heroibus abrogata»,
come afferma il titolo del ‘caput’ XXI): cfr.
De const.
, II, XXI [25], pp. 577, 581, 563.
Solamente nella «tertia epocha temporis obscuri» si hanno le «primae turbae» e le «pri-
mae secessiones» dei clienti, costituitisi in «plebes», dinanzi alla durezza del dominio
degli «optimi», premessa perché sconfitti i «famuli» ribelli, alcuni di loro cercassero
scampo anche nella fuga per mare. Ma è soltanto a proposito della «quarta epocha tem-
poris obscuri», nel pieno del «tempus heroicum» (ivi, I [4 ], p. 389), che Vico nel
De
constantia
affronta direttamente temi, fenomeni, figure, delle trasmigrazioni marittime.
Come si vede, nella faticosa elaborazione della sua inedita cronologia Vico nel
De
constantia
colloca tra la seconda e la quarta delle cinque «epochae» allora individuate
del tempo oscuro e favoloso fenomeni che avrebbe suddiviso poi tra l’«età degli dèi» e
l’«età degli eroi», ma non senza elementi di esitazione, di indeterminazione, anche di
eloquente silenzio. Per dati e date che testimoniano di tensioni, anche irrisolte, circa
tempi e luoghi della deduzione delle colonie nel Mediterraneo da parte di egizi, fenici,
frigi, si veda tra poco.
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Ivi, II, XXIX [10], p. 655.
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