ENRICONUZZO
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concetto di periodizzazione ad uno ben più impegnativo come il pri-
mo. Quel ripensamento permetteva d’altra parte di ritrovare, appro-
fondire, una vicenda diffusa nel Settecento, la svolta neoumanistica.
Ed in tal senso esso consentiva infine di rinvenire con forza un’affinità
problematica tra Rinascimento e secolo dell’Illuminismo, e tra quello e
Vico in particolare, piuttosto che una continuità su singoli contenuti
teorici propriamente filosofici: così pur cautamente, misuratamente,
consentendo con la tesi di un’unica ‘età umanistica’ procedente dal
Quattrocento al Settecento.
In proposito della raccolta di saggi del 1970 è innanzitutto da vede-
re l’
Avvertenza
, con l’esplicito riferimento alla tesi di Cantimori, «non
nuova ma certamente suggestiva», di «connettere in un periodo unico
il rinnovamento umanistico e l’avvio all’illuminismo»: tesi da leggere
nel suo «senso reale», cioè nel «richiamo alla costanza dei temi in una
sostanziale permanenza di problemi e prospettive», e che in tal senso
resta «felice e feconda sul terreno della storia della cultura»
38
.
Garin sapeva bene che la tesi dell’«età umanistica», poggiante su di
un’idea di continuità, era sottoponibile e sottoposta a svariate obiezio-
ni. Proprio allora una critica acerba era venuta da Franco Venturi, il
quale rinveniva anche nei più seri e organici tentativi di sintesi com-
piuti a quel tempo negli studi sull’illuminismo, «la tentazione di volge-
re indietro lo sguardo», di una «reiterata fuga verso le origini e il pas-
sato», invece che il disegno di guardare a quanto gli illuministi «aveva-
no portato di nuovo, di storicamente efficace»
39
. Era un’impostazione
che a Venturi faceva venire in mente appunto il modello interpre-
tativo, per lui inaccettabile, di Delio Cantimori, «che faceva finire l’età
umanistica con la rivoluzione francese, chiudendo anch’egli in un solo
38
Lo stesso motivo della «‘coscienza’ del rinascere», indicato come caratterizzante
gli inizi dell’età umanistica, «perdura, anche se viene via via trasformandosi in una sot-
tile discussione storica circa il rinnovamento, e il rapporto con l’antichità che si rinno-
va, e di quale antichità si tratti»: lungo un percorso che, per essere considerato unita-
riamente, consente di seguire il rapporto con l’antico «alle origini» (nella forma so-
prattutto del «programma» e del «mito») e quindi «alla fine» (nella forma di «un luci-
do discorso storiografico e di una filosofia della storia») (
Dal Rinascimento all’Illu-
minismo…
, cit., p. 7).
39
F. V
ENTURI
,
Utopia e riforma nell’illuminismo
, Torino, 1970, pp. 12-13. Dopo
avere richiamato
The Heavenly City
di Carl Becker come un fortunato tentativo di «far
coincidere filosofia e storia dell’illuminismo», Venturi si riferiva in particolare alla
grossa opera, uscita pochi anni prima, di P.
G
AY
,
The Enlightenment: An Inter-
pretation
, London, 1966.
1...,20,21,22,23,24,25,26,27,28,29 31,32,33,34,35,36,37,38,39,40,...484