Ma lo stesso «Programma chronologicum» sembrerebbe dovere
essere letto (almeno su questo punto…) alla luce delle successive con-
siderazioni che l’autore avanza circa i «cronologiae […] absurda» che
la tradizione ha tramandato, collocando in modo del tutto improprio fi-
gure degli egizi, fenici e frigi, e viceversa dei greci: la soluzione del pro-
blema («ratio problematis») essendo da trovare – con una forte inizia-
le connotazione greca di ciò che sarà la «boria dei dotti» – nell’attitu-
dine delle genti greche a rendere «più augusta la propria origine», re-
trocedendola, per contrastare la dilagante «fama delle potenze egizia,
siriaca, asiatica»
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.
Con quelle indicazioni dello schema cronologico potrebbero allora
entrare meno in tensione diversi luoghi successivi del testo, e le stesse
pagine iniziali della
Sinopsi
, quando avanzano argomenti che vanno
nella direzione di affermare: che quelle pratiche di fondazione di colo-
nie da parte degli egizi non avevano privilegiato le terre greche; che
esse al contrario si erano indirizzate maggiormente verso altre terre,
quelle meridionali del Mediterraneo e quelle stesse dell’Italia; che in
ENRICO NUZZO
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tum») il fenomeno della città di Tiro, celebre «navigatione et coloniis»; quindi, allorché
fiorì Minosse, il «tempus heroicum» nel quale si situano «Orpheus, Hercules, Iason,
Castor, Pollux, argonautae», Teseo fonda il regno di Atene, nel mentre «Aborigenes
[…] in Italia regnant»; nel 2820 la guerra di Troia, con il conseguente errare di Ulisse
ed Enea e la fondazione di Alba; nel 2949 la fondazione, da parte di attici ed eoli di colo-
nie in Asia Minore («Graecae potentiae argumentum«); ‘solo’ nel 2960, si badi, la fon-
dazione della città di Cuma (che non è in questa pagina riferita agi egizi), a cui segue,
nel 3113 (ben dopo la guerra di Troia…), la fondazione di Cartagine «a tyria Didone».
Ben più in là, nel varroniano «tempus historicum», si collocano la fondazione, da parte
di Corinto e di altre città greche, di Crotone, Taranto ed altre città della Magna Grecia,
e poi la fioritura e affermazione del «potens ethruscorum regnum […], quod Infero
mari universo, ab litore Ethrusco ad fretum usque Siculum, nomen dabat» (ivi, II, I [4],
pp. 390-391). Si vedrà tra poco come con questo schema confliggano posizioni e affer-
mazioni che si leggono nello stesso scritto, o in altri del
Diritto universale
.
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«Nam isti Cecropes aegypti, Cadmi phoenices, Danai phrygii, qui, deductis in
Graeciam coloniis, humanitatem important, et Orphaeus atque Amphion, qui trecen-
tis post Cecropem ed Cadmum, ducentis post Danaum annis, graecos populares suos
feras et saxa fuisse testantur, non sat commode suis sunt divisi temporibuus» (ivi, II, IX
[15], pp. 433-435). Si tratta dunque di fenomeni non destituiti di verità, ma assoluta-
mente da ricollocare cronologicamente e interpretare adeguatamente. Tuttavia la tesi di
una tanto forte priorità della deduzione di colonie egizie, fenicie, etc. (con Cecrope,
Cadmo, etc.) in terre dei greci, se serviva bene a contrastare la vanagloria di questi,
rischiava di non accordarsi con la priorità anche degli italici etruschi sugli stessi greci.
Su ciò si verrà tra poco.