nesso sotterraneo con il clima…). Ma tale fattore era a sua volta incre-
mentato da un fattore ‘ambientale’, una materiale «necessitas» (le pe-
riodiche «inundationes» del Nilo)
69
. In un discorso il quale provava a
riorganizzare in un innovativo tessuto concettuale e narrativo svariati
materiali e ‘linguaggi’ (‘storico-telogico’, ‘storico-erudito’, ‘etno-geo-
grafico’, etc.), si poteva così rendere conto prima del rapidissimo ap-
prendimento da parte degli Egizi delle «artes» apprese dai caldei, quin-
di dell’impetuoso sviluppo da essi impresso loro, tra l’altro acquisendo
presto «navalem et nauticam», e diventando così la prima «maritima
potentia» del Mediterraneo
70
.
SPAZI E TEMPI DEL MEDITERRANEO NELLA STORIA VICHIANA DELLA CIVILTÀ
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Infatti a causa delle inondazioni del Nilo («propter Nili inundationes»), le quali
costantemente cancellevano i confini dei campi, gli egizi, i quali avevano assunto dai
caldei le scienze della geometria e dell’aritmetica, e quella conseguente dell’astronomia,
a fini pratici «a caelo ad terras mathesim revocarunt»; quella «mathesis» che invece fu
portata – e, si badi, contemporaneamente, «aeque» – «in Greciam ac Italiam» (cfr.
De
const.
, II, XIV [3-4], p. 481). Sulle conseguenze della «necessitas» rappresentata dalle
inondazioni del Nilo, cfr. poi ivi
.
, II, XVII [21], pp. 505-507. Il grande fiume con le sue
inondazioni «peracuit» il «praestans ingenium» degli egizi, costringendoli ad applicare
le arti matematiche apprese dai caldei alla concreta misurazione dei confini dei campi
allagati ed alla costruzione di potenti moli di argini. Di qui la nascita di un’architettura
«solida, simplex, rudis», come quella degli etruschi, si badi («qualis ethruscorum»), ma
anche «magnifica» e capace di sostenere la sfida del tempo, come testimoniano «pyra-
midum illa miracula» (sulla cui congruità ad una mentalità primitiva soltanto più tardi
Vico avrebbe insistito). E dalla conquista di una grandiosa «architectura urbana» ecco
naturale l’affermarsi di quella «militaris», e più in genere dell’arte della fabbricazione
di «graviora arma belli». La stessa pressione ambientale delle inondazioni del Nilo
spinse poi gli egizi a conseguire «navalem et nauticam aliis maturius».
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«Ita, his artibus instructi, gentes rudes, inermes et inconditas facile debellabant,
et cito maritimam Interni maris potentiam adepti sunt» (ivi, II, XVII [21], p. 507).
Mi limito soltanto a segnalare un tema che investe anch’esso i diversi spazi e tempi
del ‘Mediterraneo arcaico’, ma riguarda un problema critico ben più generale. Intendo
quello (in sostanza inedito, mi pare) della disposizione di Vico nel
Diritto universale
(disposizione poi sempre più contenuta e infine in effetti abbandonata) a individuare
processi plurimi di produzione dell’articolazione sociale delle prime allargate forme
politiche in «optimates et plebes». Proprio il caso dei caldei (gli ottimati dei Medi) ed
egizi, ‘avanzati’ anche sul piano delle arti militari, lascia intendere piuttosto chiaramen-
te che quella dura divisione sociale (espressa, e riprodotta, innanzitutto nella separazio-
ne tra sacra «lingua heroica» e «lingua vulgaris») passa «in Oriente» (appunto presso
caldei, egizi) attraverso le vittorie militari («victoriis»), e le consuete forme di servitù
derivanti dalla sottomissione degli sconfitti («victae gentes»), «in Occidente», vicever-
sa, attraverso la costituzione delle clientele («clientelis»), cioè tramite l’istituto dell’asi-
lo, etc. V’è poi – si è accennato – l’altra via ‘orientale’ dell’uguaglianza scitica (per non
parlare della separata via ebraica, con la peculiare esperienza di un suo
ius nexi
). Per le